È morta Barbara Balzerani, “primula rossa” delle Br che sequestrò Moro e non si pentì mai
È morta, dopo una lunga malattia, l’ex Br Barbara Balzerani. Aveva 75 anni. Entrata nella frangia estrema del terrorismo di sinistra appena ventiseienne, partecipò di lì a poco al sequestro di Aldo Moro occupando insieme al compagno di allora, Mario Moretti, la base operativa di via Gradoli. Nota come la “primula rossa” delle Brigate rosse, venne arrestata nel 1985, a distanza di quattro anni dal tentativo fallito di gestire la scissione dell’organizzazione, guidando la fazione delle “Brigate Rosse-Partito Comunista Combattente”. Aderisce alle Brigate Rosse nel 1975, e fu dirigente della colonna romana, prendendo parte a numerosi omicidi: compreso quello di Girolamo Minervini, e all’agguato di Via Fani. Proprio durante il sequestro di Aldo Moro, peraltro, occupò assieme a Moretti, al quale era all’epoca legata sentimentalmente, la principale base operativa brigatista di Via Gradoli 96 a Roma
È morta Barbara Balzerani
Nel 1981 partecipò al sequestro del generale della Nato James Lee Dozier. Dal carcere rivendicò l’omicidio dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti, compiuto dalle Br, e venne condannata all’ergastolo. Un’irriducibile, che non si è mai tecnicamente pentita né dissociata. Perlomeno non secondo i percorsi seguiti da altri ex appartenenti all’organizzazione come Adriana Faranda. Valerio Morucci. E Alberto Franceschini. Anche se, nel 1993, pur non pentendosi della sua militanza estremista, dichiarò almeno di provare «un profondo rammarico per quanti sono stati colpiti nei loro affetti a causa di quegli avvenimenti. E che continuano a sentirsi offesi ad ogni apparizione pubblica di chi, come me, se ne è reso e dichiarato responsabile».
Barbara Balzerani, dall’agguato di Via Fani al sequestro Dozier
Responsabilità a cui la donna fu sfuggì a lungo: Barbara Balzerani, infatti, fu tra gli ultimi brigatisti a essere arrestati. Fu catturata il 19 giugno 1985, assieme a Gianni Pelosi. Proprio a questo, allora, deve il suo soprannome di “primula rossa”… Non solo. Una lunga scia di sangue, quella che la Balzerani si è lasciata alle spalle, che la stessa terrorista rossa ripercorse nel 1987, assieme agli altri leader storici delle Br Renato Curcio e Mario Moretti, quando partecipò ad un’intervista televisiva concessa al giornalista Rai Ennio Remondino. Una circostanza mediatica di rilievo, nella quale i tre ex brigatisti concordarono nel considerare conclusa l’esperienza della lotta armata in Italia. Soprattutto nell’ottica dei cambiamenti del tessuto sociale rispetto a quello in cui si erano mossi dieci anni prima. Sancendo così, formalmente, la resa definitiva delle Br. E l’abbandono della lotta armata.
Dietro la ex Br, una lunga scia di sangue
La sua storia giudiziaria, invece, arriva all’epilogo il 12 dicembre 2006, quando le viene concessa la libertà condizionale. Concludendosi nel 2011, quando la “primula rossa” torna definitivamente a piede libero grazie alla legge Gozzini. Nel frattempo, chiuso quel capitolo di sangue della lotta armata, la Balzerani ha provato a evadere da quel passato di dolore, violenza e morte, immergendosi nella scrittura. E lavorando – fino agli ultimi periodi della sua vita – per una cooperativa di informatica. Poi però, nel gennaio del 2018, lo spettro di un passato inalienabile tornò a farsi vivo. A prendere nuovamente forma e a manifestarsi attraverso le sue parole. Parole che, ancora una volta, suscitarono indignazione e polemiche, affidate a una dichiarazione postata su Facebook che recitava: «Chi mi ospita oltre confine per i fasti del 40nnale?». E il riferimento, tutt’altro che casuale, era all’anniversario dell’agguato di Via Fani…