L’editoriale. Meloni sempre più leader del campo vasto. Schlein? Impantanata in quello lucano
Giorgia Meloni per interpretare appieno il suo mandato – il rilancio del ruolo e del protagonismo dell’Italia – si è impegnata fin dal primo momento a lavorare su un orizzonte ampio: quello del Piano Mattei, dei memorandum con le Nazioni del Nordafrica (prossima stazione l’Egitto), del Consiglio europeo ovviamente del G7. Un “campo vasto” che presuppone capacità di tessere relazioni complesse e mature con interlocutori che lo sono altrettanto. Ciò ha richiesto una visione articolata e a-ideologica delle relazioni internazionali, insieme alla capacità empatica di saper decrittare e rispettare consuetudini, liturgie e sensibilità dei dirimpettai. Per tali obiettivi si è impegnata non solo a convincere gli altri ma a far convergere i suoi alleati su alcuni dossier, senza alcun timore di divergere o smarcarsi da quest’ultimi quando necessario: tutto ciò avendo come bussola la promozione dell’interesse nazionale e del sistema di valori europeo.
I risultati di quest’approccio non paternalistico né occidentalista né – al contrario – accondiscendente verso alcuno continuano ad arrivare. A tutti i livelli: dal fronte immigrazione alla difesa del manifatturiero italiano, dal nodo energetico alla tenuta europea nei confronti del sostegno a Kiev. Lo ha riconosciuto anche Politico.eu parlando «di impresa politica» compiuta dalla premier, capace in meno di due anni di sovvertire i pronostici ed «esercitare un’influenza silenziosa ma potente su politici europei di primo piano come la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen». E questo è solo l’inizio: il primo ministro italiano, ancora secondo l’autorevole fonte, adesso «è pronto a diventare il leader spirituale del blocco (alternativo al Pse, ndr), spingendo Bruxelles a destra su tutto, dalla politica migratoria al Green Deal».
Che cosa sta facendo, dalla parte opposta dello scacchiere, Elly Schlein? La leader del Pd è rimasta letteralmente impantanata nella ridotta che lei chiama campo largo: versione “amaro” lucano. Dopo la batosta elettorale presa in Abruzzo, infatti, la segretaria non riesce a mettere ordine nemmeno fra Giuseppe Conte e Carlo Calenda su uno straccio di candidato unitario. Con il risultato di rafforzare il destra-centro in Basilicata, ultima stazione prima delle Europee, e – per inseguire i desiderata della volpe che guida i 5 Stelle – di annichilire l’appello ai «contadini» dell’unico riferimento unionista che da quelle parti abbia (diciamo così) funzionato: Romano Prodi.
Schlein non solo è in estrema difficoltà con la costruzione di una coalizione (ma qui, da Pierluigi Bersani ad Enrico Letta, non è certo la prima né la peggiore) ma sta dimostrando grave deficit nel fare opposizione. Da un lato è vero che, essendo giunta alla guida di un partito abituato a governare sì ma senza i voti dei cittadini, è spinta dalla “ditta” a tessere relazioni che piacciono al ceto politico ma non convincono gli elettori stessi di centrosinistra. Dall’altro, però, è sempre più evidente che Elly sembra capace di agire solo di rimessa: come dimostra la speculazione sull’ennesima tragedia del mare o l’incapacità di leggere in filigrana – e non, come ha fatto, con i toni da liceale – l’importanza della missione del governo in Egitto. Anche sul fronte di quella “giustizia per Regeni” che è e resta questione nazionale.
Elly Schlein, insomma, a differenza di ciò che fece Meloni durante la sua lunga traversata (dove fu attenta nel cogliere i segnali sociali del popolo di destra e dell’Italia sofferente assieme alla necessità di costruire un’opposizione intransigente quanto “responsabile” di fronte ai bisogni della Nazione) sembra completamente assorbita nel tatticismo e nell’aritmetica più che nella costruzione, nell’alchimia richiesta a un progetto alternativo. Il suo arrivo doveva rappresentare una ventata di novità a sinistra ma non sembra uscire dal vecchio schema di un Pd appoggiato al vincolo esterno (tutto ciò che è anti-italiano è giusto) come pass-partout della propria proposta. Più che un governo ombra la sua sembra un’ombra di un partito di opposizione.