Il Napoli si mette in ginocchio per il caso Juan Jesus: l’Atalanta resta in piedi e vince 3 a 0
I giocatori del Napoli si sono messi in ginocchio prima della partita contro l’Atalanta rispolverando il rito nato nel football americano del “taking the knee” contro il razzismo. Una coreografica protesta, mentre risuonava l’inno della Serie A, che voleva essere di solidarietà nei confronti del compagno di squadra Juan Jesus dopo l’assoluzione del giocatore dell’Inter Francesco Acerbi per le presunte offese razziste che avrebbe rivolto al difensore brasiliano.
Anche il pubblico dello stadio Maradona e’ stato coinvolto con lo speaker che ha invitato a urlare ‘No al razzismo’ mentre in precedenza l’attore Marco D’Amore, affiancato dal baby-attaccante azzurro del 2009 Mohamed Mane Siek, aveva letto un manifesto contro le discriminazioni avvertendo che “non e’ piu’ tempo della noncuranza”: “Napoli, fai sentire la tua voce senza paura. Diciamo no al razzismo”.
“Take a knee”, ingino’cchiati, e’ nata negli Usa ed è poi diventata lo slogan per un gesto compiuto da decine di giocatori nel football americano come nella Nba. Dal 2020 hanno iniziato a mettersi in ginocchio anche diversi calciatori di club e nazionali. In particolare l’Inghilterra lo ha trasformato in un rituale prima di ogni partita, comprese quelle dei mondiali in Qatar del 2022.
Rituali che, tuttavia, al di là dell’impatto mediatico e coreografico, non hanno prodotto straordinari risultati. Per la cronaca, il Napoli è stato in ginocchio prima della partita, ma non si è risollevato troppo durante i 90 minuti. L’Atalanta ha infatti vinto allo stadio Maradona per 3 a 0, chiudendo quasi definitivamente la porta alla zona Champions per i partenopei.
Mentre i tifosi del Napoli, a fine partita, non hanno lesinato insulti e fischi a tutti i giocatori: contestati tutti, presidente De Laurentiis incluso, senza alcuna forma di discriminazione.
Non a caso Totò é nato a Napoli.
Quando i miei corregionali napoletani non si faranno più prendere per i fondelli da falsi meridionalisti e si sentiranno innanzitutto italiani semmai con recriminazioni legittime verso chi li ha disamministrati da circa 70 anni, allora vorrà dire che saremo cresciuti e saremo veramente liberi.