L’immaginario. Il campo largo? Già evaporato
I campi Hobbit alimentano “radici” da 40 anni
Questioni di nomi. La novità politica del 2024 doveva essere un “campo largo” capace di riunire sotto un’unica bandiera le forze alternative alla destra. Evidentemente era così largo che sotto il tunnel del Gran Sasso non ci passava e dunque Marco Marsilio – che quei sentieri li conosce a memoria – ha avuto gioco facile. In Abruzzo ha vinto dunque la destra, quella sociale e popolare, dei Marsilio, di Pierluigi Biondi e di Giorgia Meloni: figlia di ben altri campi, più colorati, politici e divertenti.
I Campi Hobbit, il cui spirito di innovazione, ricerca, analisi della realtà invade ancora oggi il mondo metapolitico della destra, sempre capace di mettersi in discussione e fondare laboratori ideativi duraturi. Oltre che di nomi è questione infatti anche di autopercezione. Se questa destra del terzo millennio, passato il berlusconismo e i suoi corollari, si ritrova ancora in grado di proporre una visione del mondo, dall’altra parte si rileva una sinistra incapace di autodefinirsi, se non in base all’avversario. Sempre “anti”, mai “per”. Se però l’avversario è Meloni, figlia di una cultura politica molto difficile da catalogare, iniziano i problemi seri per chi ha sempre dipinto la destra come un coacervo di mostri.
Sarà sempre più difficile non prendere atto, infatti, che negli ultimi quarant’anni, dai Campi Hobbit in poi appunto, è stata codificata una destra dedita all’elaborazione culturale, alla lettura e alla musica, capace di coniugare le esigenze dei più deboli pur salvaguardando il diritto di iniziativa e, soprattutto, in grado di definire gli individui inserendoli in una comunità che non li schiaccia. Così come è stato e sarà difficile per i promotori del fantomatico dialogo, metabolizzare una destra che ha sempre invitato tutti a parlare, nell’ambito dei suoi laboratori politici.
Ad Atreju, ad esempio, sono passati tutti i leader della sinistra degli ultimi 25 anni, distanti anni luce da Giorgia Meloni e dai suoi. L’unica a rifiutarsi di presenziare è stata Elly Schlein, che alla costruzione di un’area politica preferisce le facili quanto sterili alchimie. Eppure dovrebbe essere chiaro che una proposta politica, per non essere un’operazione di marketing, deve essere radicata. Dunque agli estemporanei “campi larghi”, è davvero meglio preferire i laboratori politici in carne ed ossa. Come i Campi Hobbit, gli Atreju, i Dedalo, i Fenix… Nomi di fantasia, certo, ma inesorabilmente veri.