L’intervista. Antonio Giordano: “Meloni è un modello per i Conservatori: ha mostrato come si demoliscono le etichette”

28 Mar 2024 11:34 - di Annamaria Gravino
antonio giordano conservatori

Stavolta l’appuntamento è a Cipro, per approfondire i temi della sicurezza e dell’energia. Da oggi a domenica, 250 delegati si confronteranno tra loro e parteciperanno ai lavori con interventi di ministri – come il ministro cipriota dell’Energia George Papanastasiou e il nostro ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani – di sottosegretari – come l’italiana Isabella Rauti, sottosegretaria alla Difesa; il britannico Lord Callanan, che ha la delega all’Energia; la lettone Olga Bogdanova, sottosegretario alle Finanze e presidente del World Energy Council – e di esperti della materia di primo piano, tutti provenienti da diverse parti d’Europa ed oltre. La formula consueta, insomma, dei “Weekend culturali” con i quali, ormai da un paio d’anni a questa parte, Ecr riunisce i Conservatori europei, e non solo, per approfondire i principali dossier e fare “networking”, complici anche alcuni momenti più informali come le visite dei luoghi in cui ci si riunisce. Perché “fatta l’Europa, bisogna fare gli europei”, ricorda Antonio Giordano, deputato nazionale di FdI, che nel ruolo di segretario generale dell’Ecr party ha messo in piedi questa formula. Che, dicono i numeri, funziona anche come motore di aggregazione di chi in Ecr ancora non c’è, ma presto potrebbe esserci: i Conservatori e riformisti europei hanno ricevuto formale richiesta di adesione da parte dei romeni di Aur, croati di Most, lituani del Lithuanian farmers and green union, dei ciprioti di Elam, come pure l’avvicinamento del Rural indipendent group di Michael Collins nato dopo la trasferta irlandese .

Onorevole, siete partiti con i week end culturali e potenzialmente vi ritrovate con una pattuglia di oltre 15 nuovi eurodeputati pronti a entrare in Ecr. Come ci siete riusciti?

Con un lungo lavoro, iniziato quando Giorgia Meloni è diventata presidente di Ecr. Ci siamo chiesti: come fai a mettere insieme persone che, sebbene condividano i valori conservatori, vivono in luoghi anche molto lontani tra loro e hanno sfumature politiche diverse? Così abbiamo capito che bisognava creare dei punti di raccolta, degli eventi in cui dare vita a un “melting” di alto livello.

Politico.eu ha scritto che organizzate “vacanze studio”…

Mi ha fatto sorridere. Però la definizione di working vacation non mi dispiace, perché coglie sia il tema dell’approfondimento, dello studio, sia quello dell’informalità, del riuscire a creare una situazione più rilassata, partecipata, in cui il networking viene naturale. Io faccio sempre l’esempio delle cene: si sentono parlare tutte le lingue e un inglese che mi piace definire partecipativo, che unisce tutti, ciascuno con il suo accento. Dopo un po’ ti accorgi che il livello di empatia tra tutte le persone che sono lì è autentico, che si è fatto quel passo in più rispetto al comune spirito conservatore. Perché è vero che tutti condividiamo la stessa impostazione, ma è anche vero che il conservatorismo del Sud, dell’Italia o della Spagna, non è lo stesso della Polonia o della Svezia. Ma mettendo le persone in una situazione di quel tipo le differenze si smorzano e le comuni visioni ideali si allineano.

Quanto ha contato scegliere una formula aperta, ovvero che non guardasse solo ai partiti già rappresentati al Parlamento europeo?

Molto, e non ha riguardato solo l’Europa: siamo stati ai confini dell’Ue dall’Ovest all’Est, dall’Irlanda a Cipro dove andiamo ora, e dal Nord al Sud, dalla Svezia alla Grecia, ma anche negli Usa, Inghilterra ed Israele. Sostanzialmente andiamo a presentarci ai Conservatori di tutte le nazioni. E, praticamente sempre, farci conoscere è stato l’inizio o il consolidamento di un percorso.

L’iniziativa di fatto nasce dall’Italia, e conosciamo la cattiva pubblicità che è stata fatta al presidente Meloni e ai conservatori italiani in questi anni. Aveva fatto presa anche sui vostri omologhi o potenziali partner europei?

No, siamo un po’ tutti nelle stesse condizioni. Ognuno nella sua Nazione tendenzialmente soffre di una stampa normalmente più schierata a sinistra, che tende a mettere etichette e a riproporle più che a discutere nel merito. Anche per questo Giorgia è un esempio per tutti, perché è stata la prima che è riuscita a demolire le etichette. Con calma, pazienza e senza fare compromessi. Semplicemente con l’applicazione di una forza costante nella direzione del cambiamento orientato a destra, con un programma di lavoro solido e non di breve periodo. Tutti stanno imparando da questo.

Meloni è il presidente di Ecr e da premier ripete continuamente di non considerare l’Europa divisa in club di Serie A e di Serie B. Questa attitudine di Ecr a parlare con tutti, anche con i partiti che attualmente non hanno un peso effettivo in seno all’Ue, è la proiezione di quella impostazione?

Ovviamente parliamo di piani diversi, però sì. Fatte le dovute differenze tra un’impostazione di governo e una di partito, è così. Del resto niente potrebbe succedere nella sfera di Giorgia che non fosse “Giorgia-minded”, nella sua ispirazione. Lei ha una visione così chiara del percorso che sarebbe davvero difficile essere nella sua sfera di azione senza condividerla pienamente. Per questo Ecr è un partito in crescita.

È vero che questa idea della politica partecipata fuori dai luoghi consueti le è venuta ripensando ai concerti che faceva nelle biblioteche di paese da studente di musica?

Un’idea meravigliosa del mio maestro, Boris Porena, che tra l’altro è stato intervistato anche nel film Ennio, su Ennio Morricone. Lui coltivava l’idea della metacultura di base: portare la cultura, anche alta, in posti in cui non ci si aspetterebbe, rendendola assimilabile per tutti. Noi andavamo in queste sale minuscole, in paesi di provincia anche piccolissimi, suonavamo e spiegavamo quello che facevamo. Non c’era palco, stavamo in mezzo alle persone e si creava una condivisione autentica. Ecco, io ho pensato di dare vita a una metapolitica di base, per condividere aspetti della cultura conservatrice alta, ma in una situazione in cui tutti siamo a nostro agio, desiderosi di conoscerci meglio e contaminarci intellettualmente.

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