L’intervista. Magliaro: “Bersani sprezzante su Almirante? Non ricorda che con Berlinguer c’è stato un dialogo”

13 Mar 2024 12:21 - di Annamaria Gravino
bersani

“Bersani? Questo mi stupisce”. Massimo Magliaro, che nella sua lunga carriera è stato anche lo storico portavoce di Giorgio Almirante e oggi è anima attivissima della Fondazione intitolata al leader missino, ieri era tra gli ospiti di DiMartedì, dove Pierluigi Bersani ha usato toni molto sprezzanti nei confronti di Almirante e del Msi. Per un gioco di tempi televisivi, però, non è riuscito a vedere quella parte e quando gliela riferiamo la prima reazione è di sorpresa, perché, sebbene la sua storia sia notissima, personalmente dall’esponente Pd ha sempre ricevuto “toni cordiali e rispettosi”, intrattenendo anche conversazioni non pregiudiziali di carattere politico. “Mi dispiace non averlo sentito e che nessuno me lo abbia riferito, perché altrimenti avrei risposto in trasmissione”, ci confida. Così l’intervista inizia al contrario, con una domanda che l’intervistato rivolge all’intervistatore: Che ha detto Bersani?

“Ha detto che se a lui danno del comunista gli vengono in mente Berlinguer e Zangheri, mentre ‘a loro, ai missini, perché di questo si tratta, possono venire in mente Almirante e Rauti, vediamo il contributo che hanno dato all’Italia questi qui’. Poi, riferendosi agli esponenti della destra, ha detto che sa ‘di parlare con dei missini’ che ‘non sono mai riusciti a risolvere il problema di fondo’ col fascismo”, riassumiamo.

Che ne pensa?

Penso che Bersani non sia al corrente del fatto che due Presidenti della Repubblica – Napolitano, che lui dovrebbe aver conosciuto bene, e poi Mattarella – hanno mandato entrambi, da presidenti della Repubblica in carica, due messaggi diversi, durante altrettanti convegni della Fondazione Almirante a Montecitorio, nei quali hanno riconosciuto il ruolo storico di Almirante. Napolitano lo ha indicato come esempio di responsabilità, correttezza, onestà, rispetto delle regole democratiche. Pur nella diversità politica, entrambi hanno detto che Almirante è stato al servizio alla democrazia, contro il proseguimento della guerra civile. E, ripeto, due Presidenti della Repubblica di estrazione molto lontana da Almirante: uno, Napolitano, di origine comunista come Bersani, l’altro democristiano ma non così distante dal Pd.

Lei cosa legge in un’uscita di quel tenore?

Che Bersani, dopo la batosta in Abruzzo, doveva fare campagna elettorale postuma con questo vetero o neo antifascismo. A distanza di tanti anni dalla morte di Almirante ancora disconoscono quello che due Presidenti hanno riconosciuto, senza ricordare neanche i famosi incontri con Berlinguer. Se Almirante fosse quello che Bersani pensa, non credo Berlinguer lo avrebbe incontrato alla Camera e che ci sarebbero stati gli incontri a Bruxelles tra Almirante, Romualdi e Pajetta, che era il vero capo morale della Resistenza. Fatti, dei quali sono stato testimone diretto. E questo anche al di là del rapporto che Almirante aveva con Nilde Iotti, che era la compagna del “Migliore”, Togliatti.

Il fenomeno della criminalizzazione di Almirante e del Msi è relativamente recente. Quanto c’entra il fatto che Giorgia Meloni rivendica quella storia con grande orgoglio?

Molto. È tutto lì, è il frutto di una logica di gente disperata. Quando ero capo ufficio stampa del Msi, da giornalista parlamentare frequentavo quotidianamente Camera, Senato e Palazzo Chigi e non c’era assolutamente questa atmosfera da caccia alle streghe, pur essendo molto più vicino il ricordo dell’antifascismo, dei partigiani e della resistenza. Oggi a sinistra c’è un mondo che ha fallito e che non sa più a cosa aggrapparsi. Ieri in trasmissione ho ricordato che dall’analisi del voto emerge che in Abruzzo Marsilio ha preso voti nelle fasce più deboli, rurali, non urbanizzate, da persone con una cultura media accettabile e diffusa, non dai super laureati di Teramo che hanno votato il suo sfidante. Nella battaglia per i cosiddetti poveri, per i ceti medi, per i più fragili la sinistra è stata battuta anche in Abruzzo. A loro non resta che la carta dell’antifascismo. Meloni può rivendicare con orgoglio le radici missine, loro non possono farlo con quelle comuniste o di tangentopoli. Sono un’armata Brancaleone che si regge solo sull’anti.

Secondo lei, se ne uscirà prima o poi?

Secondo me, a sinistra devono meditare molto, organizzare dei seminari di studi e chiedersi cosa stanno facendo. Nella loro vita prendono schiaffi da tutte le parti. “Repubblica” il giorno dopo l’Abruzzo ha scritto che l’astensionismo ha penalizzato D’Amico quando in Abruzzo ci sono stati meno astensionisti della Sardegna. Sono disperati, cercano di inventarsi ramponi cui aggrappare una risalita che non c’è.

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