L’intervista. Sasso: “Chi tocca un docente, tocca lo Stato. Ecco la legge contro la violenza”

19 Mar 2024 10:29 - di Priscilla Del Ninno
violenza sugli insegnanti

«Chi tocca un docente, tocca lo Stato». Se dovesse riassumere in poche parole la legge contro la violenza sugli insegnanti e sul personale scolastico di cui è primo firmatario, il deputato della Lega Rossano Sasso sintetizzerebbe così la norma che inasprisce le pene per chi aggredisce i professori – e non solo – e che introduce diverse misure per prevenire e combattere il fenomeno e migliorare la sicurezza nelle scuole. Un testo che è in Gazzetta Ufficiale. E che entrerà in vigore dal 30 marzo, che prevede un incremento significativo delle pene detentive: dagli attuali cinque anni per aggressione, a sette anni e mezzo. E da tre a quattro anni e mezzo per oltraggio.

Scuola, la legge contro la violenza sugli insegnanti e personale scolastico è in Gazzetta ufficiale

Ma che, sottolinea Sasso, che abbiamo sentito per illustrare il testo che prevede importanti modifiche ad alcuni articoli del codice penale contro manifestazioni di violenza da parte di studenti e dei loro familiari, si estende a tutto il settore scolastico: inclusi dirigenti e personale Ata. E che, sottolinea il primo firmatario, oltre alla misure punitive, dispone anche percorsi formativi di sensibilizzazione. Oltre alla costituzione di un Osservatorio nazionale sulla sicurezza del comparto, che avrà il compito di segnalare casi di violenza, proporre iniziative, e redigere report annuali sul fenomeno. Un testo che, infine, istituisce la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza negli istituti scolastici, da celebrarsi ogni anno il 15 dicembre.

A colloquio con il primo firmatario, Rossano Sasso

«Siamo riusciti a intervenire sia dal punto di vista della prevenzione, con dei momenti di formazione e di sensibilizzazione al problema, con l’istituzione di un Osservatorio sul fenomeno, perché ad oggi – ci dice Sasso – manca ufficialmente un organismo capace di seguire razionalmente quello che è ormai una problema cronico. Quindi questo organismo avrà il dovere di monitorare lo stato delle cose e relazionarne poi alla Camera. Poi naturalmente c’è la parte sanzionatoria, per cui per chi usa violenza fisica o verbale – quindi andando a intervenire sull’oltraggio e l’aggressione a un pubblico ufficiale: perché l’insegnante è considerato tale nell’esercizio delle sue funzioni nell’orario di servizio, ma anche al di fuori di quell’ambito – si va appunto ad inasprire le pene da un terzo, alla metà».

Qual è allora il messaggio di fondo che si vuole sottolineare? 

Il messaggio è quello che punta a restituire autorevolezza alla figura dell’insegnante. Dapprima con alcuni provvedimenti del governo – per esempio aumentandone la retribuzione -. E poi aumentando la sicurezza che, come la cronaca ci dimostra purtroppo, è sempre più spesso seriamente messa in discussione. E non solo per opera degli studenti. Ma, direi soprattutto, dei parenti degli studenti.

Ecco, a tal proposito, veniamo da un lungo periodo di svilimento del riconoscimento dei ruoli e di una cultura del rispetto, ma rispetto a un genitore che delegittima o addirittura aggredisce un docente, come si può sperare in un cambiamento? Quanto avete messo in campo con queste nuove norme può portare oltre il piano giudiziario la questione?

Partiamo dal presupposto che siamo in presenza di una deriva che io definisco “progressista”. Che dal ’68 in avanti ha prodotto il disastro educativo che porta un genitore che vede il proprio figliolo tornare a casa con una nota o con un brutto voto, a non chiedere conto al figlio di cosa abbia prodotto questa situazione. Ma a chiederne contezza ai professori, che hanno “osato” fare il loro mestiere nei confronti dei ragazzi. E quando un adulto è sempre più un “sindacalista” nei confronti del figlio. Più amico, e sempre meno padre, questi sono i risultati. È chiaro che noi non vogliamo trasformare la scuola in un riformatorio, andando a punire e basta. Tanto è vero che abbiamo sì rivisto il voto in condotta, ma anche disposto che la sospensione avvenga con l’obbligo di frequenza. E con dei percorsi di educazione socialmente utili. Ma in merito ai genitori, più specificatamente, è evidente che questo lassismo che si è generato nel tempo, nel cui contesto è aumentato l’allarme sociale di cui sopra, il messaggio deve essere forte e chiaro: è considerata un’aggravante colpire chi ha il compito di educare. Istruire. E contribuire a formare le coscienze dei nostri ragazzi.

E torniamo all’esigenza di restituire autorevolezza e riconoscimento sociale al ruolo dell’insegnante…

Esattamente. Un processo che passa, come dicevo prima, anche per una riaffermazione di legittimazione sociale del docente. Un processo che passa anche dal riconoscimento di una maggiore retribuzione. Da concorsi che siano selettivi, ma che portino anche alla stabilizzazione di personale sempre più precario, sempre più lontano da casa… Ma anche dalla possibilità di poter educare e insegnare senza la paura che, laddove si ricorra a un provvedimento disciplinare o all’attribuzione di una valutazione insufficiente, si debba poi incappare nell’aggressione fisica o verbale da parte di un adulto.

Un punto sensibile questo…

Un punto su cui, nel dibattito parlamentare, sono stato addirittura accusato di «deriva securitaria»: un’accusa a cui ho risposto parlando di «deriva progressista», rispetto alla quale resto convinto che non è voltando la faccia da un’altra parte che si risolve questo genere di problematiche di cui stiamo parlando.

Ecco allora, come rispondete a chi vi accusa di approccio ideologico al problema?

Che basta leggersi la legge. Il punto è che molti dei colleghi della sinistra e dei Cinque stelle puntano il dito senza neppure leggersi i provvedimenti: perché ci sono diversi articoli che parlano di sensibilizzazione, di prevenzione, di formazione. Di percorsi ed eventi che portano alla Giornata nazionale contro la violenza sugli insegnanti. Dell’Osservatorio… Senza per questo sorvolare sul fatto che chi sbaglia, poi deve renderne conto.

Ma allora quanto tutto questo, a partire dall’inasprimento delle pene per chi aggredisce un docente nell’esercizio delle sue funzioni, potrà fungere da deterrente psicologico e da monito?

Questo ce lo dirà l’Osservatorio appunto, che avrà il compito di monitorare e raccogliere le segnalazioni. Cosa che non era mai stata fatta prima. Certo, ce lo saremmo risparmiati volentieri, ma è sotto gli occhi di tutti che la cronaca ci ha costretto a prendere anche provvedimenti di questo tipo. E tenga conto che io questo disegno di legge l’ho presentato per la prima volta nel 2019, quando eravamo all’opposizione, e quindi né il Pd, né il M5S, mi hanno consentito neppure di poterlo incardinare. Cosa che con il governo di centrodestra ho potuto depositare poco dopo l’inizio della legislatura vigente: a gennaio 2023. Ora, poco più di un anno dopo, con il passaggio in tutte e due le Camere, abbiamo una legge. Una legge che ho dedicato ai mei colleghi docenti: perché, anche se sono alla mia seconda legislatura, nel mio profondo resto sempre un insegnante…

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