Quello che Elly & co non capiscono della Meloni (mentre la stampa internazionale…)

18 Mar 2024 11:51 - di Antonio Rapisarda

Quello che la sinistra non capisce. O fa finta di non capire. Che è peggio: per la sinistra stessa. Giorgia Meloni firma in Egitto con il presidente Al Sisi, insieme ad Ursula von der Leyen e alla rappresentanza del Consiglio europeo, un memorandum che porta in dote cooperazione, energia, sviluppo e sicurezza nel Mediterraneo e in Medio Oriente? Gli unici a tifare contro l’interesse nazionale e europeo sono, come da copione, sono i tipi dell’opposizione di casa: insieme ai compagni del Pse che la solidarietà all’Italia la richiedono solo…agli altri.

Pietra dello scandalo, secondo Elly Schlein, la fantomatica debolezza del governo italiano sul caso Regeni. Una strumentalizzazione bella e buona (la premier ha ribadito la linea italiana: ossia verità e giustizia per il giovane ricercatore ucciso), condita da proclami adolescenziali che vorrebbero applicato nelle trattative internazionali una sorta di standard “occidentale”: paternalismo buono solo a non risolvere le questioni. A nulla è servita la lezione di diplomazia, con i risultati al seguito, ottenuta dall’esecutivo Meloni con la liberazione di Patrick Zaki. Con le tesi di Schlein e dei radicali al seguito quest’ultimo sarebbe ancora nelle patrie galere e non ospite coccolato nei salotti televisivi.

Altro tema forte della retorica dell’opposizione contro le intese con le Nazioni del Nordafrica è il tema del contrasto all’immigrazione clandestina: contrafforte dei memorandum e corollario del Piano Mattei. Un grande classico con cui i predecessori della leader del Nazareno hanno perso tutte le elezioni. Classico condito da una doppia, clamorosa, rimozione: quella della “dottrina Minniti”, dal nome dell’ex ministro Pd poi sconfessato insieme agli accordi con la Libia; e degli stanziamenti miliardari al «dittatore Erdogan» proprio per bloccare i migranti «nei lager turchi». Tutto ciò durante i governi dem: a cui allora, con tutta evidenza, andava bene.

Il tormentone autoassolutorio di Schlein lo conosciamo bene: ai tempi non c’ero. Bene: qual è allora l’idea alternativa proposta da Pd e cespugli (eccetto i 5 Stelle, perché Conte anche su questo è il solito camaleonte)? Nelle ultime ore è ritornata in auge la necessità di «una missione europea di salvataggio». Una Mare nostrum 2. Quello che la sinistra non capisce, o fa finta di non capire, è che si è trattato del pull factor più pericoloso. Per i migranti stessi. Basta ricordare che il triste record di vittime della traversata nel Mediterraneo è individuato proprio quando venne istituita quel tipo di missione: lo ha dimostrato l’analista Francesca Ronchin, 4581 morti nel 2016 durante la missione Triton.

Quello che la sinistra si ostina a non capire, lo hanno capito – al contrario – i giornali stranieri. A partire dal cosiddetto establishment: già, proprio quelli che per anni hanno mostrificato l’avvento della destra al governo. E che ora, dati e risultati alla mano, sono costretti a ricredersi. Lo abbiamo già illustrato l’altro giorno, a proposito del ritratto di Politico.eu dove Giorgia Meloni è stata dipinta come colei che sta compiendo un’impresa politica «spingendo Bruxelles a destra su tutto, dalla politica migratoria al Green Deal». Lo ricorda oggi Claudio Cerasa sul Foglio riportando l’antologia di uscite – dal Financial Times all’Economist, dal The New York Times al Frankfurter Allgemeine Zeitung – che hanno preso atto della capacità performante della premier su tutti i dossier. Verdetto? «L’opinione pubblica internazionale», scrive Cerasa, «considera credibile la trasformazione di Meloni in una leader mainstream».

Traduzione per le opposizioni: senza più l’aiuto esterno – i bau-bau internazionali sul «pericolo nero», su «l’allarme spread» e via discorrendo – alla sinistra occorre rimodulare l’agenda. Ma per fare questo bisognerebbe iniziare a capire qualcosa del momento in cui stiamo vivendo. Qualsiasi cosa che non sia l’interesse di una minoranza più o meno organizzata o di quella bolla culturale e politica chiamata Ztl.

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