Sì dell’Onu al cessate il fuoco a Gaza con l’astensione degli Usa. È la prima volta
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dopo mesi di stallo, ha approvato la bozza di risoluzione per un “immediato” cessate il fuoco a Gaza. Nel documento, che ha ottenuto 14 voti a favore con l’astensione degli Usa, si “chiede un cessate il fuoco immediato per il Ramadan rispettato da tutte le parti che conduca ad un cessate il fuoco durevole e sostenibile. E il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi, nonché la garanzia dell’accesso umanitario per far fronte alle loro esigenze mediche e umanitarie”.
L’Onu approva la risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza
“Ora questa risoluzione deve essere attuata. Un fallimento sarebbe imperdonabile”, ha dichiarato in post su X il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Che, prima del voto, dalla Giordania, ha sottolineato “un crescente consenso internazionale sul fatto che la comunità internazionale debba dire a Israele che è necessario un cessate il fuoco. Il consenso aumenta negli Stati Uniti, nell’Unione Europea, per non parlare ovviamente del mondo musulmano, per dire chiaramente agli israeliani che qualsiasi invasione via terra di Rafah potrebbe significare un disastro umanitario”.
È la prima volta, superati i veti di Usa e Cina
I precedenti tentativi al Palazzo di Vetro erano stati bloccati dal veto degli Usa, della Cina e della Russia. Oggi gli Stati Uniti, che detengono il potere di veto, si sono astenuti dal voto, permettendo così l’adozione della risoluzione. Gli altri 14 membri della commissione hanno votato a favore. È stato l’ambasciatore del Mozambico, Pedro Comissário Afonso, a presentare la risoluzione. Prima del voto la Russia ha cercato di cambiare il testo per ristabilire un precedente versione che includeva la parola permanente per il cessate il fuoco immediatamente richiesto. Ma il tentativo della Russia è fallito.
Gli Usa: siamo protagonisti degli sforzi diplomatici
“Il Consiglio Onu oggi si è espresso in sostegno degli sforzi diplomatici condotti da Usa, Qatar e Egitto per arrivare ad un immediato cessate il fuoco sostenibile. Garantire l’immediato rilascio di tutti i palestinesi ed aiutare ad alleviare le sofferenze dei civili palestinesi a Gaza che hanno una terribile necessità di protezione e aiuti umanitari che salvano la vita”. Così l’ambasciatrice Usa all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, dopo l’approvazione della risoluzione. “Gli Stati Uniti sostengono a pieno questi obiettivi cruciali”, ha aggiunto la diplomatica ricordando come fossero “il fondamento della risoluzione che abbiamo presentato la scorsa settimana e che è stata bloccata dal veto da Russia e Cina”. Un sostegno, ha detto ancora Thomas-Greenfield, che per Washington non è solo a parole ma anche nei fatti. Ka risoluzione, vincolante per il diritto internazionale, aumenta ulteriormente la pressione internazionale sulle parti in conflitto, Israele e Hamas.
Netanyahu cancella viaggio a Washington
Immediata la risposta di Israele. Benjamin Netanyahu, come minacciato, ha cancellato la missione del suo team a Washington, dopo l’astensione degli Usa sulla risoluzione. “Gli Stati Uniti – accusa il premier israeliano – si sono ritirati dalla loro posizione coerente in seno al Consiglio di Sicurezza, dove solo pochi giorni fa avevano stabilito un collegamento tra il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Questo ritiro danneggia sia lo sforzo bellico che quello per la liberazione degli ostaggi. Si dà ad Hamas la speranza che la pressione internazionale gli permetta di accettare un cessate il fuoco senza la liberazione dei nostri ostaggi”.
Tajani: un primo passo in avanti
La Farnesina ha espresso soddisfazione. “All’Onu si è votata questa risoluzione per il cessate il fuoco. È la prima, ci fa ben sperare – ha detto il ministro Antonio Tajani – e rappresenta un primo positivo passo in avanti. Poi mi auguro che le trattative per la liberazione degli ostaggi procedano rapidamente e quindi si possa guardare con più ottimismo a una situazione meno complicata che alla fine porti alla nascita di uno Stato palestinese che conviva con Israele”.