Valditara: “Per integrare davvero gli studenti stranieri servono classi a maggioranza italiana”

28 Mar 2024 18:14 - di Viola Longo
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Evitare le classi con un’eccessiva presenza di studenti stranieri per favorire una vera integrazione e mettere tutti gli alunni che frequentano la scuola italiana in condizione di non sentirsi ghettizzati. Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, è tornato a illustrare la “direzione” nella quale “intendiamo muoverci” con un post su X, che oggi arriva sull’onda lunga del dibattito scaturito intorno alla scuola di Pioltello, ma che ribadisce un’idea già più volte espressa in passato dal titolare dell’Istruzione.

Valditara: “Classi a maggioranza di studenti italiani per favorire l’integrazione”

”Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l’italiano laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti pure loro nell’apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate”, ha scritto Valditara sui social, sottolineando che “è in questa direzione che noi intendiamo muoverci”.

Ne parla Salvini e a sinistra scattano subito i riflessi pavloviani

Il post arriva all’indomani delle dichiarazioni del ministro Matteo Salvini a Porta a Porta sul fatto che “io penso che ci debba essere un tetto per gli stranieri nelle classi italiane, direi un 20%. Altrimenti è un caos di lingue in quella classe, penso anche all’insegnante, invece così può essere stimolante”. L’affermazione ha provocato una sorta di riflesso pavloviano a sinistra, dove dal Pd alla Cgil è stata stigmatizzata con toni apocalittici. Per il senatore Filippo Sensi “mancano solo l’apartheid e la pena di morte e le hanno dette tutte. Il tetto ci vorrebbe, ma alla vergogna. E questo dovrebbe essere un governo, questa una forza di governo, questo il leader di una forza di governo. Penoso”. La segretaria generale di Cgil scuola, Gianna Fracassi, in una nota ha poi parlato di “un’idea fuori dal tempo, un provvedimento che penalizzerebbe la provenienza da contesti migratori non tenendo minimamente in considerazione la composizione dell’attuale società e la funzione unificante della scuola”.

Il caso Pioltello e i risultati scolastici sotto la media regionale

In realtà, un tetto già esiste ed è fissato al 30%, ma non sempre viene rispettato: secondo i dati del ministero il 7,2% delle scuole italiane lo sfora. Secondo quanto emerso in questi giorni, nella scuola di Pioltello la percentuale di studenti di religione musulmana raggiunge il 40%. Non solo, in quell’istituto si registra una media nel livello di competenza nella lingua italiana assai inferiore a quella del resto della regione: al termine della scuola i livelli L1 e L2 sono il 50,5%, a fronte del 33,3% della media regionale. Non va meglio nelle altre materie: le competenze deboli in matematica sono il 45% a fronte del 35,4% della media regionale.

Fu Ciampi il primo a sollecitare un’attenta distribuzione degli studenti stranieri

Vale poi la pena ricordare agli smemorati di sinistra che il primo a porsi il problema di evitare classi ghetto fu l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Un promemoria fornito dal vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli: “Bene Valditara, le sue affermazioni sono state anticipate da un Dpr del 2004 del Presidente Carlo Azeglio Ciampi che esplicitamente indicava la via dell’equa distribuzione di alunni stranieri per evitare il rischio della ghettizzazione”. “Sia le classi delle scuole dell’obbligo, sia i quartieri delle città devono essere multietnici e multiculturali per favorire processi di integrazione e inclusione, evitando – ha sottolineato l’esponente di FdI – insediamenti di bambini e famiglie della stessa nazionalità e investendo su proficui scambi culturali, sociali, linguistici”.

Rampelli: “I ghetti vanno evitate nelle scuole come nelle città: l’intolleranza nasce lì”

Rampelli, quindi, ha avvertito sul fatto che “va esorcizzato il rischio banlieu e movenpick, perché il brodo di coltura dell’intolleranza nasce nei ghetti urbani dove si riproducono come in un ‘copia e incolla’ acritico pregiudizi sociali e religiosi destinati poi a esplodere in forme inaccettabili di razzismo strisciante”. “Chi si è trasferito in Italia si immagina che abbia il desiderio di metabolizzare il modo di vivere italiano che tuttavia a noi compete riprodurre e non snaturare per un malinteso senso di ospitalità, il che significa – ha concluso il vicepresidente della Camera – imparare la lingua, la storia, la costituzione, le leggi, le consuetudini. E rispettarle”.

 

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