Acca Larenzia, Cutonilli: “Il libro di Mira pieno di luoghi comuni, così anche la storia di Mario Scrocca finisce penalizzata”
“Il valore storico del libro è modestissimo. Lei voleva scrivere un romanzo, non un saggio, ma così anche l’aspetto umano della vicenda di Mario Scrocca è stato penalizzato”. Valerio Cutonilli la storia di Mario Scrocca, raccontata nel romanzo di Valentina Mira Dalla stessa parte mi troverai, la conosce molto bene: nei suoi saggi su Acca Larenzia parla anche di lui. “È una storia umana di sinistra, che merita di essere raccontata. Ma anche quella storia finisce svilita come tutto il resto se viene inserita in un contesto così gravato dai luoghi comuni, con una visione così rozza degli avversari politici da descrivere i ‘fascisti’ come persone che si eccitano con i morti e con gli stupri”, commenta Cutonilli, che, forte anche delle competenze di avvocato, ha letto centinaia di pagine giudiziarie – oltre che di cronaca – per scrivere i suoi libri, tra i quali Chi sparò ad Acca Larenzia? è stato ristampato di recente per finanziare un premio letterario in ricordo delle vittime, rivolto ai giovani.
Avvocato, Mira ha detto che su Acca Larenzia – cito testualmente – le “piaceva far saltare l’impianto vittimistico dei fascisti”. Che idea si è fatto di questa operazione?
Che non interessa a nessuno, se non a quel ristretto circolo di persone che l’hanno condivisa e promossa. I dati di vendita parlano di meno di 1200 copie al 31 marzo (qui i dati, ndr). Questi numeri dicono che il libro non interessa neanche alla sinistra. O, almeno, non prima di questo clamore.
Però è candidato allo Strega, per questo ne parliamo.
Appunto. Una mia amica di sinistra radicale, che conosce molto bene la storia degli anni Settanta, ha letto le prime pagine del libro – quelle sui saluti romani, su Meloni, sulla mostrificazione dei fascisti, per intenderci – e l’ha chiuso. A sinistra ci sono questi circoli che hanno il potere di portare in alto persone, libri, operazioni. Ora poi è partita anche l’operazione di vittimizzazione prima e difesa di Mira poi contro la destra becera e cattiva. Ma queste combriccole non sono realmente rappresentative. C’è tutta una parte della sinistra, assai più vasta, che di queste banalizzazioni non sa che farsene.
Chi era Mario Scrocca?
Mario Scrocca era un ragazzo di 27 anni, militante di Lotta continua, arrestato per Acca Larenzia nel 1987, nell’ambito dell’inchiesta che poggiava sulle dichiarazioni de relato della pentita Livia Todini. Si trattava di elementi del tutto inconsistenti, tanto è vero che tutti gli altri che furono coinvolti poi furono scarcerati. Scrocca si suicidò in carcere prima, ma i familiari, la moglie, hanno sempre sollevato forti sospetti sulla natura del decesso, ipotizzando anche la possibilità dell’omicidio. Questa ipotesi non ebbe seguito, ma questo non significa necessariamente che fosse infondata.
Lei nel libro insiste molto sul tema dell’inconsistenza del filone d’indagine che portò Scrocca in carcere.
Sì, perché era veramente debolissimo, mentre c’erano elementi che andavano nella direzione degli ambienti dell’ex Potere operaio – che ormai non esisteva più – che erano molto più interessanti, ma passarono del tutto inosservati. La stessa Livia Todini aveva reso diversi interrogatori e la parte più interessante non ottenne particolare attenzione.
Qual era?
Quella relativa alla mitraglietta Skorpion.
Lei parla di Mario Scrocca con rispetto, anche con una vena di pietà.
Io penso che lui non c’entrasse nulla. In fondo anche lui è stato un’altra vittima di Acca Larenzia. Ma il tema è questo: avere rispetto per tutte le vittime. Le vittime vanno raccontate tutte e non vanno banalizzate, non vanno offese, non vanno cancellate non citandone il nome. Io sono convinto della necessità di affrontare il tema degli Anni di Piombo con uno spirito più distaccato, con la capacità di leggere il fenomeno nella sua complessità, anche guardando alle ragioni degli altri. Quello che ho cercato di fare con il mio libro è stato affrontare il problema degli anni Settanta evitando il rischio di guardare solo alle storie che mi facevano comodo o che mi erano care.
Perché a sinistra non riescono a farlo?
Io non credo questo, torniamo al discorso dei circoli. C’è Schlein, che si indigna per i saluti romani ad Acca Larenzia e non spende una parola per Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, e ci sono tanti altri che sanno perfettamente che non si può riproporre all’infinito lo schema del “noi siamo buoni e gli altri sono cattivi”, che sulla quella stagione la pensano come noi. L’incapacità di storicizzare gli Anni di Piombo è un tema diffuso, ma non generalizzato. Anche se poi ci sono quelli che decidono un po’ per tutti e hanno la pretesa di dettare la linea. Non capendo che la linea della contrapposizione a tutti i costi è dannosa per tutti a livello politico, perché ha menomato il confronto e continua a menomarlo. Se la segretaria del Pd, invece di indignarsi per la mancanza di giustizia, usa una tragedia come Acca Larenzia per attaccare il governo, a rimetterci è prima di tutto il valore del confronto politico.