Il 25 aprile è oramai un pretesto per fare propaganda anti-governativa. Mario Ajello: “Che c’entra la Rai?”
Il 25 aprile si conferma la festa più divisiva che ci sia. Sono due i motivi che gravano a snaturare il senso della ricorrenza della Liberazione. “Due rischi”: il caso Scurati, con le “grida su un fantomatico regime: l’operazione in corso è quella di trasformare le piazze del 25 aprile in una parata ideologica”. Il secondo “è addirittura più grave”: perché ha a che fare con le parate pro- Palestina ed anti- Israele. A scrivere un commento da incorniciare è Mario Ajello, giornalista e commentatore politico del quotidiano «Il Messaggero», che ha lavorato per «Panorama», «Il Giornale» e «La Voce». Un commento interessante ed onesto intellettualmente sul 25 aprile prossimo venturo. I rischi di cui parla in realtà sono molto di più, sono delle certezze. Sappiamo che il monogo più famoso del mondo – quello di Scurati- sarà declamato in molte piazze. E le parate anti- Israele sono già pronte a sfilare.
Mario Ajello sul Messaggero: “Il 25 aprile non bisognerebbe mischiarlo ad altre vicende”
Per cui il “sogno” dell’editorialista che il 25 aprile possa diventare “un momento di pedagogia democratica” è rimandato a chiossà quando. “E ogni volta la festa della Liberazione viene sottoposta a contaminazioni che non merita. Non bisognerebbe mischiarla con altre vicende, e farne ciò che non può e non dev’essere: un pretesto per parteggiare, appunto, per la Palestina contro Israele (…); per chiedere agli ucraini di non fare i partigiani e di arrendersi agli invasori russi (…); per fare propaganda anti-governativa come se ci fosse una cappa di regime – suvvia l’Anpi, e non solo l’Anpi, ritrovi il senso di realtà!- pronta a scattare, anzi già funzionante, nel nostro Paese destinato chissà perché, per una maledizione deterministica, per un’endemica malattia antropologica, per un destino cinico e baro, a vivere un «fascismo eterno» (proverbiale formula sbagliata di Umberto Eco).”
“L’ideologia sia ferma al palo”
“L’ideologia stia per una volta ferma al palo. Non s’impicci, non invada, non tenti – come ha sempre fatto e ci risiamo – di cancellare quello che dovrebbe essere il valore portante di questa ricorrenza: la Liberazione come affermazione della libertà per tutti quelli a cui viene negata in questo mondo, nel quale totalitarismi e oscurantismi sono ancora in scena e risultano sempre più aggressivi”. Non usa giri di parole Mario Ajello: “Che cosa c’entra insomma il 25 aprile con la Rai? E che cosa c’entra con Gaza?”. E poi “perché mai questo anniversario deve diventare il modo per chiedere il cessate il fuoco solo ad alcuni degli attuali belligeranti in Ucraina e non anzitutto a Putin? C’è una retorica sbagliata e una preparazione strabica, nella sinistra che si appresta a scendere in piazza; e una politicizzazione estrema di quello che dovrebbe essere un rito pluralistico: tutto ciò sciupa il 25 aprile e non lo apre a tutti. Anzi lo chiude – chiusura è l’opposto di libertà – nei recinti autoreferenziali delle solite contese politico-militanti”.
Propaganda strabica della sinistra sul 25 aprile
“Requisendo il 25 aprile, rinserrandolo nelle polemiche contingenti e sottoponendolo al gioco amici-nemici, non si fa un buon servizio alla crescita culturale del nostro Paese”. Parole da incorniciare, dette da un intellettuale certo non ascrivibile al “melonismo” e su un quotidiano non cewrto di area. Il 25 aprile è diventato solo ” l’occasione per sventolare bandierine e per distrarci da noi stessi. Le comunità si rafforzano anche prendendo molto sul serio le date del calendario civile. E la giusta concentrazione su queste può avere una funzione di esempio e di trasmissione di valori per le giovani generazioni. Di valori, e non di slogan. O di fantasmi come quelli del fascismo che non c’è.