Il ritratto. Karol Wojtyla: il gigante “politico” della storia. Sempre nella parola di Dio
Karol Wojtyla non fu solo “un” Papa, capo della Cristianità e punto di riferimento per i credenti di tutto il mondo; non fu solo un evangelizzatore, l’ultimo, capace di portare la Parola di Dio in ogni angolo del Pianeta, anche grazie alla straordinaria intuizione delle Giornate Mondiali della Gioventù, veri e propri appuntamenti generazionali globali. Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II, fu anche un grande Capo di Stato e un fine statista; fu il “Papa polacco” che sabotò, con la forza della fede e l’uso residuale e sapiente del potere temporale, gli ingranaggi mal funzionanti del comunismo di derivazione sovietica, spingendo con la propria mano possente gli ultimi puntelli del Muro di Berlino e del suo significato simbolico, contribuendo a bucare la cortina di ferro e assecondare la reazione a catena che disintegrerà gli ultimi epigoni della tragica utopia incarnata dal socialismo reale.
Wojtyla, da Papa e da personaggio a cui la storia deve molto, è anche l’immagine siciliana della spianata antistante la Valle dei Templi, dopo le terribili stragi del 1992 e il sacrificio di Falcone e Borsellino, dove il Pontefice già incurvato squarciò urlando quel velo di connivenza e sovrapposizione fra religione e mafia, parlando prima di tutto ai “propri” fedeli e solo dopo ai boss e alle famiglie dell’Isola: «Questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire, devono capire che non si permettano di uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: “Non uccidere”: non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Qui ci vuole civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!».
Era il 1993. Il Papa, già sofferente, si incurverà sempre di più, portando con coraggio la Croce, fino a lasciare questa Terra il 2 aprile del 2005, diciannove anni fa. E ha lasciato un vuoto, nella Chiesa e nella Storia; persino per i suoi nemici e denigratori, rimasti senza un avversario degno di questo nome. Ha lasciato un vuoto quel Papa, forse l’ultimo capace di tradurre per i credenti le idee-forza del Cristianesimo, lungo centoquattro visite pastorali fuori dalle Mura Vaticane e dal territorio italiano; lo ha lasciato il politico e lo statista, l’arcivescovo di Cracovia, quello delle foto con Walesa e la bandiera di Solidarność, il Papa degli incontri con Reagan e Gorbaciov; il Papa che finì nel mirino del KGB e rischiò di morire sotto i colpi di Alì Agca; lo stesso Wojtyla che nella tana di Pinochet, durante una visita controversa e carica di tensione, gettò in fondo le basi per la fine del suo regime dittatoriale.
Un gigante della storia; prima Beato e poi Santo, “Santo Subito”, come gridavano i fedeli, fra le lacrime, in Piazza San Pietro. Il primo Papa non italiano dopo Adriano VI, il primo Papa slavo della storia, si festeggia dal 2011 e dal 2014, ogni anno, il 22 Ottobre.