Le idee a posto. Perché è sacrosanto salvare il Liceo Classico (e guai ad attualizzare i classici)
Pochi giorni fa una interrogazione parlamentare dell’onorevole ed editore Alessandro Amorese, e la successiva risposta del Sottosegretario all’Istruzione e al Merito, Paola Frassinetti, hanno riportato l’attenzione sul valore di quella istituzione educativa esclusivamente italiana: il Liceo Classico. Un’istituzione che secondo il Sottosegretario – Deo gratias! – «non va riformata». Certo, sono ancora in molti a confonderlo con una pura invenzione della Riforma Gentile, mentre le reali radici del liceo classico risalgono alla Ratio Studiorum gesuitica e alla legge Casati.
Tuttavia, grava sul Liceo Classico l’idea che non assicuri una formazione proiettata sul mondo del lavoro, ma costringa i ragazzi allo studio di materie stantie e speculative di scarsa efficacia nell’ottica dello sviluppo delle “competenze”. Questo pregiudizio si radica sempre più, man mano che la scuola sembra concentrarsi non tanto sulla formazione di uomini liberi e completi, quanto sull’avviamento al lavoro dei ragazzi. Un’idea che rivela scarsa fiducia nelle potenzialità dello sviluppo spirituale e culturale dei giovani, del loro spirito critico, della capacità di analisi linguistica e del pensiero, quali autentici strumenti di azione e affermazione dell’individuo in società nella vita adulta. Al contrario, occorre favorire sempre più una visione materialistica, monoprospettica, “funzionale” dell’educazione. Magari infarcendo le scuole di corsi di tecnologia, o aggiornando le lezioni con slides in power point, quiz o facendo ampio ricorso alla “multimedialità”, tanto per non far perdere ai ragazzi l’abitudine all’uso compulsivo di smartphone, videogames e pc.
Un processo che va di pari passo nei livelli più alti della formazione e degli studi umanistici con un forsennato revisionismo, un’ansia di rivisitare, banalizzare, attualizzare i Classici, per privarli in sostanza di ogni autorità formativa e morale, di ogni crisma spirituale o politico. Non più guide o fari per l’umanità, i Classici vengono trasformati in prove di una costante quanto ossessiva mediocrità. Così, occorre adattarli ai nuovi dettami della lotta al patriarcato, depurarli dalle scorie di un pensiero gerarchico fondato sull’elevazione spirituale dell’uomo, intravvedervi costantemente spunti di rielaborazione in chiave woke, come ormai da tempo accade nell’accademia statunitense.
E anche le nostre accademie – per non essere da meno – si accodano all’andazzo diffuso, senza che ci si renda conto che così facendo i classicisti destinano se stessi e i Classici non all’oblio, ma a qualcosa di ben più grave: all’indifferenza. Perché opere abbassate al livello della mediocrità contemporanea ormai non hanno più nulla da offrire, né di originale né di arcaico. Diventano solo copie primitive e censurabili del migliore dei mondi possibili, ossia il nostro mondo. Al contrario, credo che i Classici costituiscano il più valido antidoto alla decadenza del presente che non è banalmente morale o spirituale ma antropologica. I poteri finanziari e della tecnica promuovono, infatti, un cambiamento radicale della consapevolezza umana, dove alla luce spirituale e del pensiero si sostituisce il miraggio dell’intelligenza artificiale, e alla tragedia eroica dell’uomo l’omologato destino tecnologico del transumano.
In tutto questo, i Classici, assieme agli strumenti di formazione umanistica fondati sulla loro tradizione, costituiscono una minaccia per gli ingegneri della società del futuro, perché sono ancora in grado di plasmare uomini liberi e soprattutto cittadini liberi, non chiusi nei desideri virtuali o reali dell’io, ma aperti alla condivisione e al miglioramento della polis o della societas, guidati dai principi assoluti e gerarchici del bello, del giusto, del buono e del vero. Principi che non sono esclusivi ma accessibili a tutti, anche a coloro che non hanno avuto modo di studiare in un liceo classico o che semplicemente subiscono l’ancestrale fascino delle nostre due civiltà di fondazione, quella greca e quella romana. Ovviamente, occorre prestare attenzione alle sovrastrutture contemporanee e leggere direttamente i testi, entrare nel mondo dei Classici in punta di piedi, con il rispetto che si deve ai padri, il cui racconto dell’uomo non è mai soltanto volto a descriverne gli aspetti più ferini o mediocri, che lo connotano in ogni epoca in quanto espressione della sua radicale natura.
No, i Classici, ci aiutano a riscoprire gli orizzonti dello spirito che spesso ci appaiono celati nel mondo contemporaneo, ma che costituiscono la più autentica ricchezza racchiusa al centro delle nostre anime e la luce in grado di dissipare l’oscurità alla quale aspira ogni tirannide e ogni tracotante potere dell’uomo sull’uomo.