Leonardo, studiosi in campo sul mistero della Pianta di Imola: ecco come con la mappa il genio del passato anticipò il futuro
Riflettori puntati su “La Pianta di Imola” di Leonardo, «un disegno celeberrimo, il più splendido esempio a noi pervenuto della rivoluzione rinascimentale in fatto di tecniche cartografiche», come lo ha definito già anni fa, tra gli altri, Martin Kemp in Leonardo da Vinci: le mirabili operazioni della natura e dell’uomo. Un’opera che fa parte delle collezioni dei reali inglesi (attualmente custodita nella dimora degli stessi a Windsor in Inghilterra). Un lavoro la cui riproduzione digitale è visibile e scaricabile dal sito della Royal Collection Trust. Un “tesoro” che fa parte del fondo Windsor, e cioè appartiene alla Corona d’Inghilterra. Però, fino al 9 gennaio 1995 la si è potuta vedere a Imola, dove l’hanno portata insieme alle altre reliquie leonardesche. Un capolavoro di genere che oggi torna al centro della 63ª Lettura Vinciana, l’appuntamento principale che ogni anno la Città di Vinci (Firenze) dedica alla nascita del genio del Rinascimento all’interno delle celebrazioni leonardiane della nascita avvenuta il 15 aprile 1452.
Leonardo: il mistero della “Pianta di Imola” al centro della 63ª Lettura Vinciana
Nel 1502 circa, Leonardo, chiamato da Cesare Borgia, come ingegnere militare ad ispezionare le difese della Rocca Sforzesca, disegnò la Pianta di Imola: una mappa aerea dettagliata e fedele della cittadina romagnola. E sabato 20 aprile, alle 10.30, al Teatro di Vinci, sarà possibile scoprire – o tentare di farlo – cosa spinse l’artista e come fece per riprodurre fedelmente la pianta della città. Il compito di illustrare ipotesi e interpretazioni spetta ad Andrea Cantile, docente di Cartografia storica per il paesaggio, che cercherà di rispondere ad alcuni quesiti sulle conoscenze raggiunte riguardo questo capolavoro cartografico: chi ha contribuito alla sua realizzazione? Perché la pianta è inserita in una circonferenza con 64 raggi? Come è stato possibile ricostruire una mappa così dettagliata con le tecnologie dell’epoca? Quali sono le motivazioni che hanno spinto Leonardo a disegnarla?
Interrogativi che si ripropongono da secoli
Interrogativi che si affastellano nei secoli e a cui studiosi ed esegeti dell’opera leonardiana tenteranno di dare risposte tecniche che animano un mistero affascinante di cui sfuggono variabili attribuibili al genio. La 63/a Lettura Vinciana è organizzata dal Comune di Vinci con la Biblioteca Leonardiana, in collaborazione con il Centro internazionale di Studi e Documentazione Leonardo da Vinci. Fin dal 1960, anno della prima edizione, è l’evento che apre le celebrazioni dell’anniversario della nascita di Leonardo. Riconoscendo nei relatori che intervengono la giusta autorevolezza scientifica dei temi affrontati, in merito agli innumerevoli campi di studio percorsi dal Genio vinciano. E allora, come indica l’Adnkronos sull’iniziativa, sabato 20 aprile, come di consueto, la Lettura Vinciana verrà introdotta al Teatro di Vinci dal sindaco del Comune di Vinci. E dalla vice-sindaca con delega alla cultura. Nonché dalla direttrice della Biblioteca Leonardiana.
Leonardo, dalla Romagna fino a Imola
La Pianta di Imola è uno dei più antichi esempi di pianta di città realizzata con tecnica cartografica innovativa e, come accertato dagli esperti in materia, «in scala perfetta alla realtà». Quanto appurato fin qui, ci dice intanto molto sugli spostamenti di Leonardo prima di mettersi al lavoro sull’esecuzione dell’opera. Sappiamo, per esempio, che Leonardo da Pesaro giunge a Rimini l’8 agosto 1502. Raggiunge in seguito Cesena, dove si trattiene per più di un mese, compiendo una serie di rilievi utili al rinnovamento delle difese della città. Ai primi di settembre Leonardo si reca a Cesenatico, sbocco a mare del Ducato di Cesare Borgia, e rileva la planimetria del porto canale. Successivamente, passando dalla città di Faenza, nel settembre 1502 giunge ad Imola, dove rimane fino a dicembre dello stesso anno, momento in cui lascerà definitivamente la Romagna.
Leonardo e la Pianta di Imola, dagli spostamenti al lavoro sulla Rocca
Dunque, Leonardo da Vinci fu a Imola nell’autunno 1502, quando la città era un campo militare. L’antica struttura difensiva medievale della Rocca a quel tempo aveva subìto lavori di ammodernamento cominciati già a partire dal 1471, dopo il passaggio di Imola alla signoria degli Sforza. Poi, con la conquista nel novembre del 1499 da parte di Cesare Borgia, sulla Rocca si erano registrati danni strutturali importanti, e Leonardo si occupò anche di progettare migliorie indispensabili alla ricostituzione strutturale della fortezza imolese, purtroppo mai realizzate. Ma non solo. Prima di mettersi all’opera l’artista si concentrò sulla sua analisi prospettica e semantica del territorio della città. Così, neanche a dirlo, nella mappa leonardesca di Imola, la Rocca spicca per esattezza della riproduzione, perfettamente sovrapponibile allo stato attuale: dai torrioni angolari, ai due rivellini esterni con i relativi ponti, fino al palazzetto nel cortile del Soccorso.
Un approccio multifunzionale
Una dimostrazione non solo della poliedricità dell’approccio. Ma anche di una realizzazione tecnica di come l’attività da lui svolta per redigere rigorose cartografie utili a garantire il controllo armato del territorio sarebbe arrivata alla massima compiutezza. Studio delle varianti comprese. In nome delle quali la Rocca negli studi leonardiani è rappresentata ben tre volte con alcune variabili possibili, a testimonianza di un analitico e meticoloso studio sulla fortezza e sul territorio su cui insisteva. Tanto è vero che gli studiosi concordano sul fatto che nella sua permanenza imolese, Leonardo non si occupò solo di studiare le fortificazioni. Ma si dedicò alacremente alla rappresentazione della distanza angolare dallo zenit della struttura urbana. E per farlo, ricorse a una tecnica di incredibile modernità: inscrisse il territorio urbano in un cerchio ripartito in otto settori corrispondenti ai punti cardinali.