Premierato, al Senato si vota il “cuore” della riforma: l’elezione diretta del presidente del Consiglio
Riprende martedì 2 aprile l’esame, in commissione Affari costituzionali, di quella che per il governo è la madre di tutte le riforme. Cioè l’introduzione del premierato in Costituzione. La commissione Affari costituzionali al Senato dove si discute il ddl Casellati, guidata da Alberto Balboni, è alle prese con l’art. 3, che riguarda proprio l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Il cuore della riforma.
Il premier eletto a suffragio universale per 5 anni
In precedenza sono state bocciate le proposte di modifica all’articolo 3 su cui relatore e governo hanno espresso parere negativo. Via libera invece a due emendamenti depositati dal governo che riguardano il limite dei mandati per il presidente del Consiglio eletto e il premio di maggioranza. Nel primo di questi, si legge che il premier è “eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi”.
I poteri del Capo dello Stato
A metà del mese di marzo si era concluso l’esame dell’articolo 2 del disegno di legge costituzionale, che ha registrato il via libera alla possibilità di sciogliere le Camere da parte del Capo dello Stato negli ultimi sei mesi del settennato e l’ok all’emendamento, a prima firma dell’ex presidente del Senato e senatore di Fdi Marcello Pera, che ‘libera’ dalla controfirma alcuni degli atti del Colle a partire da quelli relativi alla nomina del presidente del Consiglio e alla nomina dei giudici della Corte Costituzionale”. Una sorta di garanzia e anzi di ampliamento dei poteri del Capo dello Stato.
L’assalto delle opposizioni: 2600 emendamenti
In Commissione si è finora registrata, come previsto, la bocciatura o l’accontanamento di pressoché tutti gli emendamenti presentati dalle opposizioni. Opposizioni che hanno scelto strade diverse: emendamenti a pioggia dal Pd e da Avs, una ventina e mirati quelli del M5S. Un voto favorevole è arrivato solo all’emendamento di Italia Viva che prevede l’elezione del presidente della Repubblica a maggioranza assoluta ma a partire dal sesto scrutinio e non più, come adesso, dal quarto.
Fratelli d’Italia prova ad accelerare: i lavori parlamentari, partiti speditamente in un primo momento, vanno a rilento in Commissione affari costituzionali, visti i 2600 emendamenti presentati. Il cammino è ancora lungo, due letture in ciascuno dei due rami del Parlamento e il referendum, che ormai maggioranza e Governo danno per scontato. Per Luca Ciriani, Ministro per i rapporti con il Parlamento, la riforma “non l’abbiamo pensata per ottenere un vantaggio per Meloni, serve al nostro Paese, che non conosce il termine stabilità”.