Premierato, un primo passo a lungo atteso L’obiettivo? Riavvicinare cittadini e istituzioni
Nella giornata di ieri la Commissione Affari costituzionali del Senato ha compiuto un passo fondamentale in vista dell’approvazione della riforma costituzionale del cosiddetto premierato elettivo. Si tratta di una riforma a lungo attesa, posto che almeno a partire dall’inizio degli anni Novanta la nostra forma di governo parlamentare è divenuta palesemente “claudicante”.
In Assemblea costituente, infatti, il disegno parlamentarista tratteggiato dagli artt. 92 ss. della Carta repubblicana era stato poggiato sulla solida impalcatura dei tradizionali partiti politici, che avevano guidato la transizione costituzionale tra il 1943 e il 1945. Le stesse forze politiche avevano poi indirizzato il processo costituente nel 1946-47. Infine, tra il 1948 e il 1992 il medesimo sistema politico aveva assicurato continuità agli indirizzi di politica interna ed internazionale, nel peculiare contesto di “stabile instabilità” di una democrazia compromissoria (e, in certe, fasi anche consociativa), incastonata – e, dunque, anche imbrigliata – nella rigida trama della “Guerra fredda” tra il blocco atlantico e quello sovietico.
Con il crollo del Muro di Berlino del 1989 e con la definitiva delegittimazione dei partiti che avevano retto la Repubblica a seguito di Tangentopoli nel 1992, la forma di governo parlamentare perse il suo decisivo fattore di stabilizzazione. Da allora ad oggi – nonostante numerosi tentativi di giungere alla riforma delle istituzioni repubblicane, tutti falliti – si è cronicizzata una tendenziale instabilità degli Esecutivi italiani, senza l’ancoraggio di un solido sistema di partiti che possa segnare, nonostante tutto, il perimetro di una continuità di governo di fronte ai vortici provocati dalla ruota della storia che, anche in Europa, sembra aver ripreso improvvisamente il suo moto.
Per tali ragioni non si può più attendere oltre. Il premierato elettivo sembra ben rappresentare l’apprezzabile sforzo di compromesso di una maggioranza che, muovendo dal modello presidenziale o, più correttamente, da quello semi-presidenziale “alla francese”, ha virato sull’elezione diretta del Premier per affermare, in fatto e in diritto, che ai cittadini italiani occorre offrire non il disegno di una parte, ma una riforma nell’interesse della Nazione. Ebbene, l’elezione diretta del Presidente del Consiglio – con l’affermazione del principio secondo cui la legge elettorale dovrà garantire una chiara maggioranza in Parlamento in sostegno dell’Esecutivo – riallineando le forme di governo di Stato, Regioni ed enti locali, sembra poter restituire alla Repubblica quella stabilità che è stata smarrita da oltre trent’anni.
I meccanismi di stabilizzazione, che rimandano al ruolo arbitrale dei cittadini nel caso di rottura del rapporto fiduciario tra il Presidente del Consiglio direttamente eletto e la sua originaria maggioranza parlamentare (secondo la regola ampiamente sperimentata nelle regioni e nei comuni del c.d. “simul stabunt, simul cadent”), sembrano poter adeguatamente rispondere all’imprescindibile esigenza di “governi di legislatura”, in una prospettiva di fisiologica alternanza. Ciò, evidentemente, senza cadere nelle tentazioni connaturate al modello del cosiddetto cancellierato tedesco, basato sulla sfiducia costruttiva. Quest’ultima, infatti – scelta come un’ultima trincea anche dalla sinistra più sinceramente riformista – lascerebbe enormi varchi a quella visione politica che ritiene non solo legittima, ma addirittura opportuna la possibilità di “montare” e “smontare” – come nel gioco di un “meccano politico-istituzionale” – le maggioranze parlamentari e con esse i Governi, a dispetto delle scelte espresse dagli elettori. Non è questo ciò di cui la democrazia italiana ha bisogno.
Piuttosto, ripristinando il valore primario alle scelte elettorali e restituendo stabilità alla forma di governo, il premierato elettivo varrà a colmare quel fossato tra cittadini e istituzioni che si è determinato a seguito dell’evaporazione del tradizionale sistema dei partiti politici. Un rinnovato patto repubblicano, dunque, che dovrà assicurare all’Italia la fiducia e la stabilità necessarie per affrontare le sfide che si aprono nel nuovo quadro geopolitico mondiale. Uno scenario che, partendo dal Vecchio continente e dal Mediterraneo, ci costringerà inevitabilmente a ripensare i nostri interessi nazionali su scala europea e a proiettarli sulla dimensione planetaria. Occorre, dunque, presentarsi attrezzati, innanzi tutto rinforzando il prestigio e la legittimazione democratica alle istituzioni repubblicane.
*Ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico e Componente del Consiglio Superiore della Magistratura