Scandalo coop pro migranti: rinviati a giudizio moglie, suocera e cognati di Soumahoro

4 Apr 2024 16:52 - di Redazione

Il processo si farà. L’inchiesta sullo scandalo delle coop gestite dalla famiglia Soumahoro approderà nell’aula del tribunale di Latina il prossimo 11 giugno. La suocera del parlamentare ivoriano paladino degli immigrati portato in Parlamento da Bonelli e Fratoianni (costretto poi ad autodimettersi) Marie Therese Mukamatsindo, la moglie Liliane Murekatete e due cognati sono stati rinviati a giudizio, una volta conclusa l’indagine della Procura della città pontina.

Moglie e suocera di Soumahoro rinviate a giudizio

Lo ha deciso il gup di Latina nell’ambito dell’inchiesta sulle due cooperative (Karibu e Consorzio Aid) coinvolte nella gestione di richiedenti asilo e di minori non accompagnati. Sul registro degli indagati sono finiti anche tre persone che, dal 2014, si sono succeduti come legali rappresentanti dell’associazione di promozione sociale “Jambo Africa” di Sezze. La moglie e la suocera di Soumahoro erano finite ai domiciliari lo scorso 30 ottobre.

Frode, bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio

Le accuse contestate a vario titolo e a seconda delle posizioni sono di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale e autoriciclaggio. Le indagini sono partite nel 2019 da segnalazioni arrivate da più parti. Alcune legate alle condizioni di estrema precarietà in cui vivevano gli ospiti della coop Karibu che hanno testimoniato anche episodi di maltrattamenti, confermati dai sopralluoghi della Guardia di Finanza. Altre legate alle denunce di circa 30 dipendenti di essere da 22 mesi senza stipendio.

Condizioni invivibili e stipendi mancanti

Dopo gli esposti da parte del sindacato Uiltucs alla procura i magistrati hanno voluto vederci chiaro. Anche perché la cooperativa gestita per anni dalla moglie e dalla suocera di Soumahoro ha incassato cospicui finanziamenti pubblici da Comuni e prefettura per gestire l’accoglienza dei migranti e dei minori non accompagnati e promuovere inclusione sociale e integrazione. L’apertura del pentolone ha portato alla luce un quadro di reati e profitti illeciti sulla pelle degli immigrati che hanno imbarazzato non poco il parlamentare che si presentò alla Camera gli stivaloni da lavoro e il pugno chiuso.

Falsificazione dei conti ed evasione fiscale

Il risultato dell’inchiesta è stata l’apertura di un fascicolo per il reato di “malversazione”. Per gli inquirenti il quadro era piuttosto semplice: i responsabili utilizzavano delle “società schermo” per falsificare i conti ed effettuare delle fatture per prestazioni inesistenti. Questo avrebbe permesso alle cooperative di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto per il periodo che va dal 2015 al 2019. Sotto la lente circa due milioni di euro.

Distratti fondi per 2 milioni di euro

Secondo gli inquirenti gli imputati avrebbero distratto fondi (circa 2 milioni di euro) che erano stati erogati e destinati all’accoglienza dei migranti. Durante le indagini sono emerse disposizioni bancarie “prive di congrua giustificazione causale. E comunque per finalità diverse da quelle alle quali era preposta la Karibu”. In particolare, si leggeva nell’ordinanza, le carte di credito delle cooperative per l’assistenza migranti sarebbero state utilizzate anche per “finalità private”: dai ristoranti alle gioiellerie, dai centri estetici all’abbigliamento, ai negozi di cosmetica.

La difesa dell’avvocato Borrè

”Rimangono sul tavolo tutte le eccezioni che state fatte e che a nostro avviso non sono superate. E che dovranno essere oggetto di accertamento in dibattimento. In primo luogo sulla effettiva sussistenza del ruolo di amministratrice della signora Murekatete e, inoltre, sulla effettiva sussistenza dei reati che le sono contestati”. Così all’Adnkronos l’avvocato Lorenzo Borrè, difensore di Liliane Murekatete, moglie di Soumahoro

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