Vannacci fa il “divo” per intrufolarsi nello scontro al femminile: tu sei Giorgia? Tu sei Elly? E io sono il generale
Prima ha sfogliato la margherita per mesi: mi candido, non mi candido. Mi candido, non mi candido. In mezzo: il servizio su “Chi” in cui è apparso fasciato in un kimono fiorato, destabilizzando sia i suoi fan che la comunità Lgbtq+. Stiamo ovviamente parlando del generale Roberto Vannacci. Collocantesi a metà tra il generalissimo Francisco Franco e il colonnello Tejero. Con una spruzzatina estetica desunta dal golpista Giuseppe Tritoni del film di Monicelli “Vogliamo i colonnelli”. In particolare quando il protagonista – impersonato da Tognazzi – accusa il figliolo di essere “finocchio” perché preferisce suonare la chitarra anziché votarsi ai duri sacrifici della vita militare.
Vannacci è personaggio che evoca, c’è poco da fare. E per questo almeno al momento catalizza l’attenzione politica e mediatica. Il generale dà l’impressione di avere costruito con intuitiva capacità comunicativa la sua figura un po’ macchiettistica un po’ “controvento” (dal titolo del libro di Matteo Salvini che a sua volta rifà il verso al best seller del generale). Sparata dopo sparata la sintesi della sua campagna elettorale è: purché se ne parli. E quando il Pd fa un manifesto per suggerire di non nominarlo proprio (infausta scelta sulla quale già si infranse il sogno veltroniano di fregare Berlusconi) il generale si fa fare la maglietta con quello stesso manifesto stampato a mo’ di sberleffo e si concede alle telecamere dei talk show.
Uno si aspetterebbe da Vannacci un’analisi geopolitica su guai e speranze del Vecchio Continente. Invece no: sappiamo cosa pensa delle classi per disabili ma non cosa pensa del conflitto in Ucraina (salvo avere magnificato nel suo libro la vita tranquilla e operosa della Russia putiniana) né del conflitto in Medio Oriente. Appare come uno che volutamente aggira i nodi politici per assestare il colpo basso intrufolandosi tra la chiacchiera da bar sport e le lamentele sulle stagioni che non sono più quelle di una volta. Quando c’è stato da maneggiare lo spinoso argomento fascismo ha detto il minimo per ottenere il massimo di audience: “Mussolini statista” e antifascismo anacronistico.
Ma torniamo alla strategia comunicativa di fondo: il generale cede al divismo per inserirsi in un duello pre-voto che è tutto al femminile. Ci sono Giorgia e Elly. Le leader della destra e della sinistra. Anziché rincorrerle lui prova a mettersi in mezzo. Tu sei Giorgia? Tu sei Elly? E io sono il “generale”. E sulla scheda, per la gioia del maschio revanchista, si potrà proprio scrivere così (forse): il generale. E rimandare a casa a accudire i pargoli queste femmine invadenti. Le “fattucchiere” che rappresentano l’antitesi dell’ideale mondo-caserma di Vannacci. E’ così che il vannaccismo si confonde con il personal branding. “Basta con l’antistorica uguaglianza” (famoso proclama da Vogliamo i colonnelli) ma detto indossando la vestaglia a fiori e con i leghisti (una parte) come groupies. E’ tutto molto situazionista. Con la speranza che gli italiani si decidano comunque a passare dai pop corn alle urne.
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Vannacci poteva magari essere candidato da Fratelli D’Italia e invece l’Organo di stampa del partito lo attacca senza considerare che le posizioni assunte da Vannacci sono notoriamente condivise dagli elettori di Destra.
Annalisa Terranova farebbe bene ad evitare di porsi sullo stesso piano della stampa BOLSCEVIKOIDE.
Non sarà che FDI si va collocando in un vero e proprio “MONDO ALLA ROVESCIA”.
G. Big.
Il Gen. Vannacci, intelligente, preparato e simpaticissimo. Dice cose giuste. Prenderà una caterva di voti.
Ho avuto una bambina con un bimbo iperattivo che picchiava tutti, ha ferito gravemente, insegnante di sostegno facendola ruzzolare giù per le scale, la mamma, se il figlio veniva ripreso, è arrivata a picchiare in diverse occasioni le insegnanti, lezioni incomplete, ogni bambino sperava nelle assenze di quel soggetto. Che bello oggi non c’era!!!!!! Niente tensione, niente soprusi, niente sputi nei piatti del pranzo per metà classe, niente occhiali rotti, niente genitali in esposizione, dopo di che a metà terza elementare ho trasferito mia figlia in altro istituto. E’ rinata, quel periodo lo ricordiamo come un incubo, in certi casi le classi speciali servono. Domandatelo a quelle insegnanti che devono affrontare situazioni simili.