Dai radical-chat all’Usigrai, all’arco costituzionale Ue: l’antifascismo è l’arma (spuntata) della disperazione
Attenzione: negli ultimi giorni Elly Schlein & compagnia d’arte varia hanno partorito un’idea. E che idea: un bell’arco costituzionale. In Eurovisione, of course. Contro chi? Contro le «destre conservatrici e nazionaliste». Troppo vago. Su: contro Giorgia Meloni… Ecco. A un mese dalle elezioni Europee, a sinistra è tutto un armeggiare, organizzare, comporre chat, scioperi e appelli pur di scongiurare che ciò che è già avvenuto in Italia – un governo di impronta nazionale e conservatrice – possa tradursi ormai anche a livello continentale.
Per impedirlo, è il rimpianto più grande da parte di costoro, forse occorreva sbarazzarsene nella culla. Ci hanno provato, in realtà, ancora prima che il destra-centro vincesse le Politiche. Ricordate la campagna terrorizzante di Enrico Letta in giro per il mondo? «La vittoria della destra – gemeva l’allora leader del Pd alla Cnn – è un pericolo per l’Europa». Campagna sostenuta dai ministri di Macron, dai socialisti di mezza Europa e persino da una Ursula von der Leyen ancora nella fase in cui farneticava di «strumenti» per raddrizzare la schiena all’Italia nel caso le cose fossero andate in una «direzione difficile».
Sappiamo come sono andate poi a finire le cose: lo spread, mai così basso, ha “tradito” i suoi fedeli. La questione sociale è saldamente sotto controllo di un governo attentissimo ai ceti sofferenti. La tenuta della linea in politica estera, con due guerre dietro le porte, è granitica. E a livello europeo – lo dimostrano i cambi di passo di Ursula nei confronti dell’esecutivo italiano – era da più di un decennio che non si percepiva una figura italiana performante nei dossier caldi come quella di Meloni. Che fare, dunque? Fallito il tentativo di spallata in Abruzzo e Basilicata (dove a rompersi l’osso del collo è stato il campo largo); fallita la grottesca riedizione del 25 aprile; fallita – con tanto di sindrome scissionista – la radical-chat “morettiana” di Massimo Giannini; fallito miseramente pure lo sciopero Usigrai che doveva mostrare al mondo la rivolta dei lottizzati contro la fantomatica Tele-Meloni, l’ultima trovata al Nazareno è la mossa della disperazione: sperare nella grande alleanza antifascista su scala continentale.
Questo è ciò che è emerso qualche giorno fa in Germania, dove è andato in scena il raduno delle stelle cadenti del Pse: ossia Olaf Scholz, Pedro Sanchez ed Elly Schlein, appunto. Tutti uniti nel presentare il “Manifesto per la democrazia di Berlino”. Punto forte? L’impegno a non sottoscrivere accordi europei con il gruppo dei Conservatori (Ecr) e quello sovranista (Identità e democrazia). In sostanza si è trattato di un modo per intimare la von der Leyen, e più in generale i Popolari, a lasciar perdere ogni scenario che possa coinvolgere le destra per la prossima Commissione Ue. Il tutto, è chiaro, solo per sabotare Giorgia Meloni e isolare il governo italiano: il vero laboratorio “avanzato” della destra continentale.
L’unica speranza programmatica per i piddini continentali, insomma, è la riedizione dell’inciucione che gli ha permesso di governare di fatto l’esecutivo Ue e di imporre per anni, anche per mancanza di spina dorsale nel Ppe, l’agenda anti-sociale Timmermans. Speranza vana, questa di Schlein & co. O meglio è più che possibile, sondaggi alla mano, una nuova Commissione frutto ancora della larga coalizione (Ppe, Pse, Liberali e Verdi) ma anche i muri sanno che non potrebbe essere rappresentativa della nouvelle vague – nazionale e popolare, non nazionalista e sciovinista – che sta attraversando tutte l’Europa da Sud a Nord, da Est ad Ovest. Tradotto: dovrebbe vedersela con un Consiglio europeo, con i governi dell’Unione, a maggioranza di centrodestra. Non ci sarebbe partita.
L’arco antifascista “europeo”, dunque, è tecnicamente un’illusione. Ma non solo. È una proposta classista e antidemocratica: dato che considererebbe più di un quarto dei suoi cittadini come europei di serie B (lo hanno già fatto in questi anni con Polonia e Ungheria). È un’agenda sgangherata e fuori dalla realtà: le sfide attuali (energia, difesa, autonomia strategica) richiedono pragmatismo e il dialogo serrato fra gli esecutivi; escludere degli interlocutori significherebbe – con gli attuali trattati – bloccare l’intero processo comunitario. Una follia.
L’arco antifascista, infine, è l’ennesima trovata anti-italiana del Pd: perché, lo ripetiamo, è tutta una scusa per cercare di screditare il governo Meloni fuori dai confini. Si tratta di un tentativo estremo, goffo ma non per questo non pericoloso, di richiamare il vincolo esterno sull’Italia: con tutto ciò che comporterebbe. E tutto questo Schlein lo sa molto bene. Anche qui, fortunatamente, il flop è più che una previsione: se non hanno risposto a tale “appello” i mercati, se non hanno risposto le agenzie di rating, se non l’ha fatto l’attuale Commissione sul Pnrr, se non l’ha fatto nessuna cancelleria nel mondo, figuriamoci se i popoli europei risponderanno al richiamo di un campo socialista sempre più “deserto”.