Giorgia rilancia lo Stato a Caivano, Elly blatera contro il Ponte. Il Sud “svela” un confronto (a distanza) senza storia…

29 Mag 2024 10:23 - di Antonio Rapisarda

Due diapositive “dal Sud”, scattate ieri, forniscono meglio di ogni altra analisi la raffigurazione del burrone che separa le due leadership: da un lato Giorgia Meloni che ha restituito ai cittadini di Caivano il nuovo centro sportivo, a meno di un anno dalle violenze del branco contro le due cuginette che fecero emergere tutto il degrado di quella periferia “d’Italia” ostaggio della camorra. Dall’altro Elly Schlein che ha attraversato lo Stretto di Messina «in venti minuti» – miracoli della campagna elettorale – e per questo (sic!) ha sentenziato che il Ponte sia un capriccio dispendioso del centrodestra di cui la Sicilia e l’interno Mezzogiorno possono fare beatamente a meno.

Dovrebbe bastare questo riassunto di giornata per affermare che “non ci sarebbe stato confronto”, letteralmente, nel caso il dibattito televisivo fra la premier e la sua sfidante fosse andato in onda per lo speciale Europee di Porta a Porta. Da una parte, infatti, troviamo la rappresentante delle istituzioni che riavvicina fattivamente (non solo simbolicamente) il centro decisionale – il governo – con un territorio divenuto negli anni una “no go zone”. Dall’altra ecco la rappresentante dell’opposizione, per la quale il delicatissimo rapporto con il nodo infrastrutture nel profondo Sud si risolve essenzialmente nell’esperienza del “suo” viaggio. Quanto di più lontano da chi vive quotidianamente quella realtà. Le due uscite, dunque, sono una stazione importante per decifrare quel dibattito a distanza che intercorre da giorni fra la leader di FdI e quella del Pd. Che cosa ci raccontano? De rapporto di vicinanza/distanza con il sentire e le aspettative popolari.

Meloni, al Parco Verde, ha saputo interpretare le istanze di una cittadinanza stanca di vivere sotto ciò che sembrava inevitabile: l’abbandono delle istituzioni. La riattivazione a tempi record dell’impianto sportivo – lì dove da anni si era arenato il progetto della Regione lasciando terreno fertile, dall’altra parte, al trionfo della malavita – è segno di una comprensione profonda delle necessità di una terra che ha dimostrato di avere bisogno non della ricetta assistenziale ma del ritorno dello Stato. Che significa infrastrutture, sicurezza, dignità e possibilità di poter rilanciare se stessi senza compromessi con l’anti-stato o essere costretti ad andare via dalla propria comunità.

Dall’altro Elly Schlein, attraversando in traghetto lo Stretto «in brevissimo tempo» (fortuna dei “principianti”, ndr), se n’è uscita con una sentenza che dice tutto dell’approccio della sinistra con quelle grandi opere di cui il Mezzogiorno ha disperato bisogno: «Il Ponte non serve». Affermazione lunare, centrata su una visione “da cartolina” del problema e del Sud Italia, che conferma l’assoluta estraneità della segretaria del Pd al calvario di milioni di siciliani e dei calabresi alle prese – per mesi e mesi – con i tempi biblici di attraversamento. Per non parlare del nodo inquinamento che si “respira” a Messina, degli enormi costi sociali per le aziende del trasporto su gomma e del fatto che proprio il Ponte rientri nelle direttrici europee invocate a ogni piè sospinto proprio dai dem. Un atteggiamento che ricorda lo snobismo anti-sviluppista utilizzato nel 1964 da l’Unità – ai tempi organo del Pci – nei confronti dell’Autostrada del Sole: «Ce l’abbiamo», si leggeva in apertura, «ma non sappiamo a cosa serve…».

Sappiamo bene com’è andata poi la storia. E a farla, per fortuna degli italiani, non sono mai i turisti della politica.

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