Usigrai, lo sciopero è un flop. Finisce l’era del monopolio rosso. Benvenuto pluralismo
Doveva essere la mobilitazione contro la compressione della libertà di stampa, i tentativi di censura, la mortificazione delle professionalità finite vittime di una gestione padronale dell’azienda. Insomma, doveva essere la dimostrazione che “TeleMeloni” e il governo che l’ha imposta no pasaran. Invece, lo sciopero indetto dall’Usigrai è stato la dimostrazione che in Rai l’allarme su temi di così grave portata non è affatto condiviso, nonostante le grida che lo accompagnano. A metterle a tacere sono state le sigle dei numerosi Tg e notiziari andati in onda durante tutta la giornata, a dispetto della chiamata alla serrata. Con un doppio effetto boomerang per i promotori: la conferma non solo che “TeleMeloni” è uno spettro che agita i sogni solo di alcuni, ma anche che è finita l’era dei diktat imposti dal sindacato unico. O, mettendola in positivo, che in viale Mazzini è iniziata l’era del pluralismo anche sul fronte sindacale.
In Rai finisce l’era del monopolio sindacale
“Oggi è caduto un muro. È la fine del monopolio anche se qualcuno ancora fatica ad accettare la nuova realtà fatta di pluralismo anche sindacale. Oggi è una giornata storica per la Rai”, ha commentato Unirai, il nuovo sindacato Rai che ha dato voce ai molti che non hanno condiviso lo sciopero di Usigrai, giudicandolo ideologico e politico, e hanno deciso di lavorare. “Chi pretendeva di imporre la sua visione alla totalità dei giornalisti Rai è stato sonoramente sconfitto. Impari la lezione di democrazia”, ha sottolineato ancora Unirai in una nota, rispondendo anche alle accuse di Usigrai di aver voluto boicottare lo sciopero: “Hanno lavorato tanti colleghi non iscritti al nostro sindacato che non ha voluto boicottare nulla. In presenza di più sindacati, se si vuole avere la riuscita della protesta, ci si confronta prima. Ma per farlo serve maturità. Serve accettare l’idea che esista un pensiero diverso. Serve meno arroganza e più rispetto per le idee di tutti”.
Il flop dello sciopero indetto dall’Usigrai
E, come sempre – al di là delle opinioni, delle polemiche, delle letture – sono i fatti a parlare. E i fatti dicono che Tg1, Tg2, Gr1, Rainews24, Televideo, Tgr Puglia e Tgr Molise sono andati regolarmente in onda e che diversi giornalisti di Raisport e di Tgr come Lazio, Abruzzo, Sicilia e Campania hanno prodotto servizi per altre testate. Il Tg1 ha anche assicurato un’edizione straordinaria sulla strage sul lavoro di Casteldaccia. Anche tutti i programmi di Approfondimento e Day Time sono andati in onda, così come hanno lavorato i giornalisti dell’ufficio stampa. Sostanzialmente, solo a Rai3, tra Tg nazionale e Tgr, lo sciopero ha fatto davvero breccia. Partire da “TeleMeloni” e ritrovarsi a “TeleKabul” è un attimo.
Elly Schlein nega l’evidenza, FdI le chiarisce le idee: “Si rassegni, ora in Rai c’è pluralismo”
Secondo Elly Schlein, però, anche la mancata adesione dei giornalisti allo sciopero sarebbe il frutto di una imposizione. “Dopo le notizie false, le campagne denigratorie sugli avversari politici e le censure, TeleMeloni nega anche il diritto allo sciopero, un principio costituzionale con la complicità dei vertici aziendali su precisi input politici”, ha detto la segretaria del Pd. “Elly Schlein si rassegni, in Rai ormai c’è il pluralismo”, è stata la replica dei componenti di FdI della Vigilanza Rai. “Il tempo in cui la sinistra considerava questa Azienda una proprietà privata è finito. Gli italiani, scegliendo Giorgia Meloni e FdI, nel 2022 avevano fatto una scelta chiara, di chiusura con un passato legato alle logiche di potere e di lottizzazione care alla sinistra e ribadendo che la Rai è di tutti. E il fatto che oggi molti giornalisti abbiamo deciso di non aderire ad uno sciopero politico, quale quello indetto dall’Usigrai lo conferma”, hanno concluso gli esponenti di FdI.