Grilz, Micalessin: “Ma quale neofascismo, boicottano il premio perché Almerigo non era di sinistra”
Niente fango sulla memoria di Almerigo Grilz, reporter di guerra ucciso in un agguato in Mozambico il 19 maggio 1987 mentre filmava la crudezza del conflitto. Inaccettabile e squallida l’operazione boicottaggio messa in piedi dai soliti nostalgici dell’antifascismo militante del Primo Premio giornalistico intitolato al coraggioso inviato di guerra e dedicato agli under 40 (lunedì 6 maggio saranno annunciati i vincitori nel palazzo della Regione).
Micalessin: inaccettabile la damnatio memoriae di Almerigo
Gianni Micalessin, giornalista di guerra dal 1983 e amico fraterno di Almerigo (con il quale fondò insieme a Fausto Biloslavo l’agenzia Albatros), dalle colonne di Libero, smonta pezzo per pezzo la macchina del fango contro Grilz, colpevole di non essere di sinistra e per questo degno dell’oblio. Tra i promotori del premio, Micalessin, triestino doc come Grilz, ripristina la verità storica sul collega che “quattro veterocomunisti, relitti storici rimasti fermi a 40 anni fa” vorrebbero consegnare alla damnatio memoriae eterna.
Ma quali ideali neofascisti
Altro che ideali neofascisti, replica Micalessin, che da quaranta anni racconta in prima linea le guerre, dall’Afghanistan all’ex Jugoslavia, dal Medio Oriente all’Iraq alla Siria, all’Africa delle guerre e dell’ebola, fino al conflitto in Ucraina. “Quando Almerigo partì per raccontare l’Africa (lavorò in Afghanistan, nelle Filippine, in Iran, in Cambogia, in Birmania e in Etiopia), nello specifico il Mozambico prima nel 1986 e poi nell’87, evidenziò come fosse in corso una guerra civile spaventosa. Costata la vita a migliaia di persone. E nella quale si contrapponevano un governo internazionalista socialista con l’insegna del Frelimo e un’organizzazione armata, quella della Renamo, che era finanziata anche dal Sudafrica. Il tutto inserito in un quadro peculiare per l’epoca, in cui in varie realtà africane l’Occidente si contrapponeva agli Stati satelliti dell’Urss. Cioè, paradossalmente chi oggi accusa Almerigo di essere neofascista era attratto da un governo filosovietico”.
Il giornalismo di guerra non è mai ideologico
L’ideologia – prosegue il giornalista- è quanto di più lontano dal giornalismo di guerra, che si basa su una scelta di campo dettata dalle necessità pratiche. “Se volevi muoverti in Afghanistan o andavi dal lato dei sovietici o da quello dei mujaheddin, come se vuoi farlo oggi in Ucraina o vai dal lato russo o da quello ucraino. Se resti nel mezzo rischi di morire, E Almerigo peraltro è morto lo stesso”.
“Faticano ad accettare che non fosse di sinistra”
Poi ricorda la morte sul campo del collega e amico, apprezzato per i suoi reportage anche fuori dai confini nazionali. “Era il 19 maggio 1987, e fu il primo reporter italiano a trovare la morte in azione, colpito da un cecchino, dalla fine della Seconda guerra mondiale. I suoi lavori, tra l’altro, vennero pubblicati anche all’estero. Penso al Sunday Times, L’Express, Channel 4, la Nbc.
Grilz paga il fatto di essere morto prima di Fiuggi
E allora perché tanto livore da parte della sinistra che dietro la sigla “Trieste democratica e antifascista” pretende che il sindaco triestino e il governatore della Regione Friuli Venezia Giulia ritirino il patrocinio al premio? “La cosa che qualcuno fatica ancora ad accettare – taglia corto Micalessin – è che non fosse un giornalista di sinistra. La logica è quella di tacitare chi racconta realtà scomode”. Chi accusa Grilz di un passato da pericoloso militante di estrema destra non conosce i fatti. Altro che saluti romani e nostalgia del Ventennio. “Quarant’anni fa visto il clima all’epoca era assolutamente naturale che, a scuola, nelle università e nelle comunità giovanili si prendesse una strada o un’altra. Almerigo era un dirigente nazionale Fuan che lavorava con persone che trent’anni dopo sono diventate ministri, non hanno certo abolito la democrazia. Ecco, Almerigo paga ancora oggi il fatto di essere morto prima della svolta di Fiuggi”.