Il ritorno nel ventre di Napoli di Sorrentino: la città e il suo mito nell’ultimo film Parthenope in corsa a Cannes
L’incipit è il simbolo del ritorno del genio e la sua straordinarietà è semantica. Parthenope, ultima opera di Paolo Sorrentino, va a Cannes laddove il grande regista napoletano esordi con il suo film più affascinante e anarchico: L’uomo in più. E così, dopo È stata la mano di Dio, il premio Oscar torna a identificarsi con Napoli rinverdendone il mito della grande madre fondatrice, leggenda marina di una Dea bella e irraggiungibile come la città.
“Parthenope”, il ritorno di Paolo Sorrentino
Il trailer mostra Gary Oldman che, dinanzi allo splendore del golfo, piange, in un misto di commozione e incredulità. Il poster raffigura la sirena, genitrice divina di Napoli. E Paolo Sorrentino, che distribuirà il film anche negli Stati Uniti, punta decisamente al bis dell’Oscar vinto, per il miglior film straniero, con La Grande Bellezza, affresco originale e suggestivo di Roma e della sua eternità.
Sullo schermo Napoli e l’identità partenopea del regista
Geniale e intuitivo, felliniano ma ispirato da Scorsese, volitivo e curioso, sin dall’uomo in più ha simboleggiato la sua identità partenopea e anche l’analisi del relativismo benigno, neologismo che intona la positività di personaggi apparentemente negativi, come Tony Pisapia-Servillo, nell’opera prima o come lo straordinario usuraio interpretato da Giacomo Rizzo ne L’amico di famiglia.
Paolo Sorrentino, nei suoi film note biografiche e riflessioni “universali”
È stata la mano di Dio era la riproposizione autobiografica di un’infanzia irrimediabilmente legata a Maradona. Fu una trasferta del Napoli, a 18 anni, a salvargli la vita, mentre i genitori morivano per una esalazione da gas. Il suo cursus honorem è privo di errori. Il Divo, leggendaria e soggettiva ricostruzione biografica di Giulio Andreotti, lega la metafora cinematografica al dualismo bene-male.
Nell’ultimo film, staticità e continua rigenerazione di Napoli
Parthenope sembra voler rivendicare la staticità di Napoli e insieme la sua continua rigenerazione, il crollo e la riemersione. Napoli che sa ammaliarti e farti male, Capri, luogo estivo, che diventa il diamante che l’accompagna e in mezzo, come con La Grande Bellezza, la caducità della giovinezza, il sentimento leopardiano della felicità che fugge nel simulacro che ospita la vita e la tomba del nostro più grande poeta romantico. Un nuovo Sorrentino, un altro inizio, il cinema che si fa arte e risplende. Eternamente, come Napoli.