Le idee a posto. Ecco perché l’Europa rischia di diventare l’arena di un conflitto che non ha saputo fermare

19 Mag 2024 10:24 - di Francesco Colafemmina
Europa

Ritorna periodicamente nella storia l’antica tentazione della guerra con l’Oriente. Una tentazione che da Crasso fino all’imperatore Giuliano si è fin troppo spesso risolta in disfatta. A distanza di millenni, nonostante i nuovi imperi, le fantasmagorie della tecnica, e un presunto sviluppo culturale dell’umanità, ritorna la tentazione di un grande inevitabile conflitto fra Occidente e Oriente. Non si tratta di un paragone azzardato. Pensiamo ad esempio alla campagna contro i Sasanidi dell’imperatore Valeriano nel 260. L’anziano senatore somiglia tanto all’anziano Presidente del nuovo impero, quello Americano, contrapposto alla posizione aggressiva del re Shapur, della dinastia sasanide, che persegue il proprio programma imperialista, conquista il regno d’Armenia e sconfina verso i centri commerciali romani di Edessa e Carre. Valeriano subirà l’ignominia della cattura da parte di Shapur, finendo per servire al re persiano come sgabello per montare a cavallo. Poi, alla sua morte, sarà scuoiato e con la sua pelle essiccata e dipinta di rosso sarà realizzato un fantoccio esposto quale monito per i romani.

L’Europa e l’antica tentazione dello scontro con l’Oriente

Prima di Valeriano, molti imperatori erano stati solleticati dall’ancestrale tentazione di risolvere i problemi interni, economici, militari, dinastici, con qualche trionfo sull’Oriente. Cesare era intenzionato a farlo ma finì i suoi giorni prima di realizzare questo sogno con cui emulare Alessandro Magno. Augusto preferì la via diplomatica (Roma ne aveva ormai abbastanza di guerre sanguinose). Anche Nerone, dopo alterne battaglie, preferì accordarsi con i Parti in merito al regno d’Armenia, ormai riconosciuto quale protettorato romano. Traiano fu l’unico ad incamminarsi con successo nell’impervio regno dei Parti, ma si ammalò e morì. E il lungimirante Adriano preferì abbandonare i territori conquistati dal predecessore e attestare il confine imperiale lungo l’Eufrate, come già ai tempi di Augusto.

L’Europa di oggi rischia il destino del regno d’Armenia del passato?

Al centro della questione orientale resta sempre il regno d’Armenia. I Parti vogliono sottometterlo alla loro sfera di influenza, i romani non intendono cederlo. Tornando ai giorni nostri il conflitto Usa-Russia (ma anche Cina e Iran) somiglia tanto a quello fra Roma e Impero Partico (e poi Sasanide). E l’Europa? In tutto questo l’Europa rischia di diventare l’Armenia del presente: un intero continente condannato a non avere una identità, ma con la vocazione ad essere vassallo dell’Impero. In due anni di guerra in Ucraina, oltre all’invio di armi e alla militarizzazione dell’informazione, volta a scardinare quella simpatia strisciante dei popoli europei verso forme di autocrazia contrapposte alla verbosa (e spesso corrotta) burocrazia di Bruxelles, l’Europa non è stata in grado di fornire una risposta autonoma, una proposta alternativa all’obbedienza cieca verso il novello Valeriano che marcia contro re Shapur.

Storia, nuove sfide e la vocazione ad essere vassallo dell’Impero

Anzi, l’Europa si appresta ad incoronare un nuovo “governatore” ben accetto all’impero, si chiami egli Draghi o Von Der Leyen. E dinanzi all’attentato al premier slovacco Fico, al netto delle prese di distanza ufficiali dei leader europei, sembra serpeggiare l’idea che in fondo se la sia cercata, mentre il suo attentatore, non sarebbe che un tenero vecchietto poeta-dissidente. Forse l’Europa preferisce seguire i modelli degli imperatori come Valeriano e come Caracalla (accoppato da un centurione mentre si appartava per un bisogno fisiologico durante la sua spedizione contro i Parti), rispetto a quelli di Augusto e Adriano. Come se per affermare la propria identità politica, la visione di un continente nel destino del mondo, occorra accodarsi a qualche altra entità politica o culturale, gioire per il sabotaggio del North Stream, spendere cifre vertiginose in spese militari ordinate dall’Impero e contentarsi di issare la bandiera arcobaleno dinanzi ai parlamenti europei per dichiarare i propri valori fondamentali.

Una “caricatura dell’Europa”, tra retorica bellicista e oblio dei valori europei

Tutto questo è una caricatura dell’Europa, non l’Europa. Pure, il destino dell’Europa, in previsione delle elezioni più ignorate dai cittadini del continente – quelle europee, appunto – non sembra interessi molto alla politica. Con fatalismo si accetta la realtà di un’Europa che è la nuova Armenia nello scontro fra gli imperi. E anche quando, come sempre accade nei conflitti, ad emergere saranno nuovi equilibri, nuove forme di potere, nuove sfide della tecnica e dell’organizzazione sociale, l’Europa, divisa fra retorica bellicista e oblio dei valori europei (più che “occidentali”), talmente confusa da pensare di integrare persino la Georgia, rischia di diventare la prossima arena di un conflitto che non ha voluto e non ha saputo fermare. Abbagliata dall’antica tentazione dello scontro con l’Oriente, senza essere questa volta Impero, ma solo vassallo. 

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