Toti in attesa del faccia a faccia coi pm: “Non ho commesso alcun reato, dimostrerò la mia correttezza”
16 Mag 2024 18:19 - di Redazione
«Non ho commesso alcun reato. Ora penso ad arrivare all’interrogatorio preparato per dimostrare la correttezza del mio operato». Un messaggio netto e chiaro, quello che Giovanni Toti affida al suo legale Stefano Savi, con il quale sta mettendo a punto la linea difensiva in vista dell’interrogatorio davanti ai pm di Genova, in calendario tra un paio di settimane. Un incontro, quello fissato dai magistrati di Genova per il faccia a faccia con il governatore in merito all’inchiesta sulla presunta corruzione in Liguria, per cui Toti avrebbe preferito tempi più rapidi, ma «aspetta».
Toti al lavoro sulla linea difensiva
Intanto, dopo la disposizione ai domiciliari, nella sua casa di Ameglia, in provincia di La Spezia – riferiscono fonti vicine al governatore – Toti «sta reagendo positivamente. Studia le carte e lavora». Prepara la sua difesa e riflette sulla possibilità, una volta attenuata la misura cautelare dei domiciliari e quindi in condizione di parlare con i suoi alleati, di dimettersi.
Dimissioni di Toti? Tajani: è una sua scelta
Un punto, quello delle eventuali dimissioni del presidente della Regione Liguria, sul quale oggi il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, segretario nazionale di Forza Italia, a margine di un appuntamento elettorale a Firenze ha prima ribadito: «Aspettiamo di vedere cosa accadrà. È una scelta sua. Ma prima bisogna vedere cosa dice il Tribunale del riesame e cosa dirà lui durante l’interrogatorio. Intanto la Regione continua a lavorare. Certamente se dovesse rimanere in condizione di detenzione, sarà difficile poter continuare a governare, però vediamo». Poi ha concluso, sottolineando: «Ricordiamo sempre che è la magistratura che deve dimostrare la colpevolezza di una persona».
La linea della difesa del governatore
Dunque, come si deduce dalle affermazioni di questo pomeriggio, nel confronto con gli inquirenti il presidente della Liguria intende spiegare tutto. «Il voto di scambio? Semplici cene elettorali». E ancora, le pressioni sui membri del comitato portuale per agevolare l’imprenditore Spinelli. Un’attività che, secondo la linea difensiva, era stata messa in essere solo per evitare «la guerra nel porto».
L’interrogatorio di garanzia di Spinelli
Intanto oggi, 16 maggio, sono uscite le dichiarazioni fatte dall’imprenditore portuale Aldo Spinelli finito al centro dell’inchiesta insieme a Toti, Signorini e Cozzani, durante l’interrogatorio con gli inquirenti. Dopo aver negato più volte che il governatore ligure fosse intervenuto attivamente per il rinnovo della concessione portuale trentennale a Genova, Spinelli nell’interrogatorio di garanzia ripete più volte al gip di Genova Paola Faggioni che per i suoi affari «Toti non ha fatto niente». E anche quando ammette di aver versato 40mila euro nei conti dei comitati elettorali di Toti, dopo l’ok al rinnovo, ribadisce che era tutto regolare. Un’attività svolta anche in altri contesti e con altri esponenti politici.
E ancora. «Escluso i soldi delle campagne elettorali – aggiunge Spinelli – io non ho mai dato una lira a nessuno, solo i soldi ufficiali, perché io non potevo fare diversamente. Ricordo che mi aveva chiesto aiuto per la campagna elettorale e io ho dato l’aiuto per una cena elettorale. La mano gli ho detto che gli avrei dato in campagna elettorale sono 4.500 euro. I soldi che gli ho dato sono tutti documentati: io devo passare in un consiglio di amministrazione. L’aiuto, allora, era per quando avrebbe fatto questa cena elettorale», perché «io finanziamenti non ne ho fatti mai a nessuno», ha concluso l’imprenditore genovese.