Altro che scene mai viste, il Parlamento spesso è stato un ring. Smentito il piagnisteo pentastellato
“Ma queste cose in Parlamento si sono sempre viste”. E’ lapidario il commento di Gianni Scipione Rossi, a lungo direttore di Rai Parlamento. A fronte della drammatizzazione che la sinistra sta facendo della bagarre d’aula che alla Camera ha coinvolto il parlamentare M5S Leonardo Donno, chi è esperto di dinamiche parlamentari fa spallucce. Risse, spintoni, urla, insulti. Dice Rossi: “Non giustifico certo quelli che volevano menare le mani ma non si può dire che queste cose non si sono mai viste prima d’ora”. “Quella è anche un’arena dove si combatte”, dice a sua volta Mario Landolfi che ricorda la prima rissa della seconda Repubblica alla Camera.
“Era il settembre 1994 – dice – e in aula si discuteva del decreto salva Rai il cui relatore era Mauro Paissan. Che rivolgendosi ad An disse che eravamo i nuovi tangentari dell’informazione. Mentre io cercavo di richiamare l’attenzione della presidente della Camera Irene Pivetti che non faceva nulla scende verso il centro dell’emiciclo Francesco Storace. Parapiglia, commessi che cercano di sedare la rissa e intanto l’onorevole Marenco diede un pugno a un collega di Rifondazione…”.
Non che da parte comunista fossero teneri e docili. Notissimo è l’episodio del comunista Giuliano Pajetta che si lancia contro un avversario dando vita a una rissa durante il dibattito sull’adesione alla Nato. Giovanni Gronchi, che presiedeva l’aula, parlò di “spettacolo da facchini di piazza”. Volarono anche cassetti. “Dopo – ride Landolfi – i banchi di Montecitorio furono imbullonati, per evitare lanci indesiderati…”. Meno noti i calci rimediati, sempre da esponenti del Pci, dal radicale Roberto Cicciomessere che protestava per l’uso di parte del regolamento.
Il 4 dicembre 1981 durante la discussione sullo scioglimento delle associazioni segrete (P2) il radicale Tessari attacca un questore del Pci e scoppiava una rissa tra parlamentari dei due gruppi. Il radicale Cicciomessere spiccava un salto sul banco del governo ma cadeva a terra e i commessi dovettero proteggerlo dai calci sferrati da alcuni deputati del Pci, che volevano aggredirlo.
Al Senato si assisté a una furibonda rissa durante il voto finale sulla legge elettorale del 1953, la famigerata “legge truffa”. Il ministro Randolfo Pacciardi rimase ferito da un calamaio volante che gli frantumò gli occhiali, il comunista Giuseppe Alberganti corse a farsi medicare in infermeria numerosi graffi al volto, e il partigiano comunista Girolamo Li Causi scandì con voce baritonale «Por-co! Por-co! Por-co!» all’indirizzo del settantaseienne Ruini, che presiedeva l’aula.
Alla fine, secondo la sintesi del Borghese, «centodieci senatori, in sessanta minuti di gazzarra, si sono resi responsabili dei seguenti reati: ingiuria, diffamazione, violenza privata, minacce, percosse, lesioni, tumulti, distruzione di pubblici documenti, istigazione a delinquere, vilipendio al governo, oltraggio al Parlamento e attentato contro gli organi costituzionali. Se invece di centodieci senatori si fosse trattato di centodieci cittadini qualunque, questi sarebbero stati condannati, complessivamente, a centocinquant’anni di galera». (cfr. il libro Storia dell’insolenza. Offese, insulti e turpiloquio nella politica italiana da Cavour a Grillo, di Antonello Capurso)
Da non dimenticare il pugno sferrato dal senatore del Pci Ugo Pecchioli contro il senatore missino Franco Pontone che così lo raccontò: “Lui mi ha colpito al labbro sinistro e dove sennò, solo a sinistra poteva colpirmi… Nel mentre qualcuno tirò un bicchiere che colpiva il senatore Cesare Pozzo (anche lui missino) e io diedi a Pecchioli due schiaffi”. Non ci fu il dramma cui stiamo assistendo in queste ore.
Da notare, infine, che il pentastellato Leonardo Donno non è stato neanche originale nel suo colpo di teatro. Limitandosi a copiare analogo gesto del verde Paolo Cento che nel 2003, mentre si discuteva della crisi irachena, lasciò il suo posto e corse verso il centro dell’emiciclo con una enorme bandiera arcobaleno tentando di avvolgere i membri del governo. Bloccato dai commessi, fu espulso.