Conte, il narciso che pensa di avere vinto le elezioni e vuole cancellare definitivamente Beppe Grillo
Giuseppe Conte pensa di essere Antonio Conte, uno degli allenatori più vincenti del nostro calcio. Ma oltre all’omonimia, tra loro c’è poca attitudine. Reduce da una sonora sconfitta alle elezioni europee, dove ha raggiunto un misero 10%, invece di dimettersi ha rilanciato, attaccando frontalmente il padre fondatore del Movimento, Beppe Grillo, e rimarcando di essere lui il padrone assoluto di un partito in declino.
Conte, anatomia di un (ex) leader
L'”avvocato del popolo”, Presidente del Consiglio per oltre due anni e mezzo, prima con la Lega e poi con il Pd, sembra avere tutte le caratteristiche del narciso. Sicuro di sé, impermeabile alle critiche, convinto di essere speciale, ha interpretato la Waterloo del 9 giugno quasi come una vittoria. La sua personalità è immune da qualsiasi autocritica(e qui bisognerebbe chiamare in causa i grandi padri del cognitivismo come Antonio Semerari) nonostante i pessimi risultati ottenuti storicamente grazie soprattutto a lui dal Movimento. Già il crollo del 2019(con 15 punti in meno rispetto alle politiche) ne aveva dato dimostrazione. Successivamente con la sua leadership, i Cinquestelle hanno perso la guida di grandi comuni( Roma e Torino), e hanno puntualmente pagato l’alleanza fratricida con il Partito democratico, che ha di fatto assorbito gran parte del loro consenso. Ma il narcisismo di Conte bypassa ogni critica.
L’errore di puntare sulla Schlein
Alle primarie del Pd di inizio 2023, nella fase di ballottaggio aperta a tutti, è noto che i Cinquestelle si adoperarono per sostenere Elly Schlein contro Stefano Bonaccini, nella speranza di avere una partner simile per caratteristiche politiche e non una guida riformista. Quella scelta si è rivelata un boomerang, visto che proprio Schlein ha puntato a svuotare l’elettorato pentastellato riuscendoci perfettamente.
Senza cambiamenti il declino è inevitabile
Conte ha respinto la richiesta di un ritorno alle origini e confermato che lo sbocco dei Cinquestelle è l’alleanza progressista. Ma la storia dei 5S dimostra che il loro consenso si mantiene solo in solitudine: non a caso alle politiche del 2022, quando si scissero dal Pd, i pentastellati tennero botta. Mentre stavolta la botta l’hanno presa sul serio.