Delitto di Pescara, parla la psichiatra Marazziti: “Ragazzi vittime di droga e assenza di valori”

25 Giu 2024 14:31 - di *donatella Marazziti
Marazziti

La triste vicenda di Pescara ci dimostra che la realtà quotidiana è fatta di una violenza giovanile esasperata e incontrollata. Un ragazzo viene ucciso da suoi due coetanei ( tutti minorenni) per una questione di droga, elemento che purtroppo continua a interessare fortemente le nuove generazioni. La mia premessa è d’obbligo: tutti e due i ragazzi che hanno commesso l’assassino erano figli di “buone famiglie”. Non partecipo mai alla lapidazione di singole famiglie ma preferisco rivolgere il giudizio alla situazione complessiva della comunità. Non per assolvere, né per condannare. Il consumo di droghe tra i ragazzi è nettamente superiore agli anni ottanta, quando l’elemento principale e visibile del consumo era l’eroina.

Marazziti: “Oggi le droghe sono ancora più pericolose degli anni ottanta”

Oggi, la varietà di droghe disponibili e la diversità di assunzione e di conseguenze ( all’epoca facevano rumore i ragazzi morti per overdose sulle panchine) trovano una minore partecipazione dell’opinione pubblica. La “canna ” che movimenti culturali consideravano innocua oggi è composta da sostanze varie. C’è una sorta di indifferenza che coinvolge anche le famiglie interessate dal problema. E c’è un vuoto interiore, conciso con il crollo delle idee e con un’assenza generalizzata di interessi per elementi spirituali, politici e ideologici, che rende la vita di questi giovani come un inno al nichilismo.

“Un tempo la morte era rispettata e temuta”

Si possono fare comparazioni con le civiltà rurali, che hanno fatto la fortuna dell’Italia, sia per l’assenza di rispetto verso la morte, sia per una propensione a non accettare in alcun modo una pedagogia che consideri la punizione e la sanzione. La morte un tempo era temuta e rispettata e questo contraeva fortemente gli atti di violenza omicidiaria. Ma più in generale, e non voglio fare il discorso di chi rimpiange eternamente il passato, c’era anche una cultura della sanzione. A scuola si bocciava ( cosa oggi di fatto sparita) e questo consentiva spesso ai ragazzi di comprendere realmente i propri errori e di ripartire con una determinazione diversa. I luoghi di aggregazione, laici o cristiani, erano centri educativi non indifferenti. L’attività sportiva, fondamentale per il nostro sviluppo psicofisico, oggi viene di fatto abbandonata dopo la pubertà.

“Ragazzi senza più ideali e senza punti di riferimento”

È persino naturale che un ragazzo privo di riferimenti non creda che a sé stesso, alimentando il narcisismo di massa, ma ciò non significa nella fattispecie addossare la colpa al mondo. È doveroso che questi due giovani paghino con il massimo della pena possibile ma è altrettanto urgente capire che la prevenzione richiede un atteggiamento diverso da parte di tutti. C’è bisogno di un’autorevolezza che sia educativa, perché il cervello di un giovane non ha le strutture necessarie per aderire al piano di realtà. In questo senso ognuno di noi, la Scuola, le famiglie devono recitare una parte considerevole. E io, nella compassione che avverto ovviamente per il ragazzo ucciso ma anche per le famiglie dei due autori di omicidio, avverto una corresponsabilità sociale nel silenzio generale, nell’oblio in cui finiscono i bisogni inespressi, nella arrendevole forma di accettazione di questo malessere.

“Tante vite spezzate per motivi fatui”

Tante altre vite vengono spezzate per motivi estremamente fatui. E questo significa che ogni bambino, ogni ragazzo deve avere dei limiti. Non demonizzo la Rete ma essa non può diventare il punto di riferimento emozionale. Al di là di ogni singolo caso è importante restituire ai ragazzi la responsabilità delle loro azioni e non proteggerli eternamente. È questo che alimenta il loro ego e il senso di impunità assoluto che fa uccidere un coetaneo. Sempre per stupide e incredibili motivazioni ( ove mai ci fosse una motivazione per uccidere). Ma nel senso di questo vuoto tocca ad ognuno di noi fare il proprio compito, con autocritica e realismo. Se non vogliamo continuare a costruire una comunità priva di valori e senza prospettive.

* Docente di psichiatria e psicologica clinica

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