L’editoriale. Davanti a tante “meteore”, una stella a destra è nata. Ben visibile in tutta Europa

2 Giu 2024 10:08 - di Antonio Rapisarda

«Gli occhi del mondo sono puntati su di noi». Non è un iperbole quella che Giorgia Meloni ha affidato ai trentamila «fratelli d’Italia» riuniti in piazza del Popolo per la chiusura della campagna per le Europee. Fotografa la realtà: l’Italia è l’osservata speciale della tornata dell’8 e 9 giugno. Attenzione: non più “spauracchio”, “pericolo” e allarmismi cantanti ma perché candidata a essere l’ingrediente nuovo dell’Unione europea. Il lievito della prossima stagione. L’ultimo ad evidenziarlo è stato niente poco di meno che l’Economist – non esattamente una fanzine sovranista – centrando perfettamente la propria copertina e la questione: l’architettura europea non potrà non passare dal coinvolgimento, dal protagonismo di chi guida oggi l’Italia.

È un dato di fatto: registrato in tutte le rilevazioni e “testato” già con i risultati ottenuti, in questo primo anno e mezzo di governo, dalla posizione scomoda di opposizione alla maggioranza arcobaleno. Ecco perché secondo gli osservatori più strutturati converrà prima di tutto a chi ha il pallino a Bruxelles, ossia ai king maker del Ppe, avere a che fare con Giorgia Meloni e i suoi conservatori. Dunque col governo di destra-centro che ne rappresenta il motore. Le motivazioni sono di varia natura ma di certo il «pragmatismo» riconosciuto all’attuale guida italiana sui dossier più importanti (Ucraina, revisione del Green Deal, debito comune, energia) risulta la caratteristica più interessante – per chi pensa che l’Ue, per continuare ad esistere, debba assumere necessariamente un ruolo nel mondo multipolare – per definire «chiave» la sua figura nella prossima legislatura.

E così da parte della “Bibbia” del pensiero economico è stata sconfessata in profondità l’idea strampalata che rimbalza in tanti retroscena della stampa progressista italiana e, in chiaro, dalle parti del Pse: quella di un grande arco costituzionale proprio contro la destra. Ossia contro Meloni. Boutade propagandistica – per chi conosce i meccanismi del Consiglio Ue e dell’Europarlamento – che registra però una paura concreta e inevitabile a sinistra: quella di perdere centralità e forza decisionale nelle istituzioni comunitarie. La stessa che hanno già perso fra i rispettivi popoli. Proprio così: socialisti, verdi e radicali di sinistra invocano l’isolamento per l’Italia perché in realtà temono essi stessi di restare isolati per i prossimi cinque anni.

Certo, dipenderà pure dall’atteggiamento del corpaccione del Ppe: continuare ad assecondare lo status quo dell’asse franco-tedesco (gli egoismi di Scholz e la grandeur di Macron), dunque l’alleanza con la sinistra, con il rischio di consegnare nuovamente l’agenda ai nuovi Timmermans, alla lobby filo-cinese, ai decostruzionisti dell’identità europea o no. Non ci sarà spazio stavolta per atteggiamenti pilateschi: perché dall’altro lato, nel laboratorio italiano, è nato un “modello”. Un governo nazionale che ha abbracciato le famiglie delle destre europee innestandole in una visione che ha dimostrato – sul fronte energetico, sul contrasto all’immigrazione, sulla tutela del mercato interno, dell’agricoltura e del patrimonio nazionale e delle famiglie – di poter diventare alternativa.

Giorgia Meloni, insomma, ha dimostrato che un’altra Ue è possibile. Espressione del meglio che l’Europa politica ha messo in campo: lo spirito solidaristico (smarrito) dei trattati costitutivi e i valori rappresentati dagli spiriti nazionali. Un’Europa che intende attrezzarsi per le sfide attuali innervando le proprie radici e la propria continuità, non abbandonandosi al nichilismo, all’autodafé per compiacere pericolosi esotismi politico-religiosi. Su questo la leader di Ecr e di FdI non accetta compromessi: consapevole, da un lato, che se ha ottenuto tanto con una piccola ma agguerrita pattuglia, stavolta potrà far valere a Bruxelles tutt’altro peso parlamentare. E consapevole, dall’altro, che il governo italiano e la sua agenda europea rappresenteranno in ogni caso un elemento di attrazione formidabile: trasversale nei mezzi (solo un esempio: fra i 14 Paesi che richiedono il modello Albania abbondano i socialisti) e performante negli obiettivi.

In parole povere, Meloni ai nastri di partenza è in modalità “win-win”: tentare di escluderla da Bruxelles è un’illusione, per gli avversari, e un boomerang per i potenziali alleati. Davanti a tante meteore politiche (ancora una settimana e arriverà la conferma) una stella a destra è nata. Ben visibile in tutta Europa.

 

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