L’europeismo tricolore: le radici profonde della destra che cammina da sempre sulle “strade d’Europa”

8 Giu 2024 7:00 - di Paolo Di Caro

L’Europa che verrà non sarà più la stessa degli ultimi vent’anni, questo è certo. I governi europei nei quali è preponderante una componente nazionale e fortemente identitaria, si apprestano a giocare la partita del voto europeo con la consapevolezza che non si potrà fare a meno di loro per costruire alleanze e definire i contorni geopolitici continentali.
In Italia “l’anomalia” della destra politica che prende sul serio l’Europa, senza velleitarie e sguaiate ipotesi di abbandono dell’Unione, è tale solo per chi non conosce la storia e la genesi dell’europeismo tricolore.

Ci sono radici profonde, sotto il profilo politico e culturale, che sostanziano gli slogan di quella “Europa Nazione” vergata, anni fa, sugli striscioni delle manifestazioni del Fronte della Gioventù e del Movimento Sociale Italiano: c’è l’idea di una entità sovranazionale che racchiuda realmente la matrice comune culturale degli Stati europei, preparandola alla sfida contro la melassa tecnocratica e globalista che ha oggi nel colosso cinese la propria testa di ponte; c’è l’Europa, mai sbocciata, capace di giocare in autonomia, pur nell’alveo di un Occidente messo sempre più in discussione come “identità”, la partita di una centralità politica e militare, utile anche nella risoluzione pacifica dei tanti conflitti che si giocano nel nostro scacchiere e sulla nostra pelle.

Era l’Eurodestra di Almirante, seppur in un altro contesto storico: non solo e non tanto una sigla, quanto la consapevolezza che la partita delle Nazioni non fosse un gioco di egoismi e regionalismi, ma un fatto di prospettiva, la capacità di guardare oltre e immaginare il futuro di questa Europa, partendo da quelle formazioni politiche che mal digerivano la spartizione a tavolino, post-bellica, di territori e pezzetti di sovranità. Quella Destra “ardeva” insieme agli aneliti di libertà degli studenti ungheresi e cecoslovacchi, metteva le proprie mani davanti ai carri armati sovietici, palpitava per Jan Palach e dedicava canzoni a chi metteva la libertà al centro dell’identità europea. Già, la libertà.

Le “Strade d’Europa” di una celebre, a destra, canzone della Compagnia dell’Anello, sono quelle dell’Irlanda di Bobby Sands e della causa irlandese, dell’Ungheria e della Romania in lotta contro il comunismo, delle radici culturali che a quei giovani “stanchi, sporchi ma felici” faceva mettere nello zaino proprio “la libertà”, minacciata dagli imperialismi prima e dalle tecnocrazie dopo. Nell’immaginario di quella Destra e dei suoi giovani non c’è mai stata una idea protezionistica e regionalista dell’Europa, tutt’altro: c’era la volontà di disegnare una nazione europea consapevole, capace di superare l’idea Franco-germanica del burosauro che decidesse sulle teste dei singoli Stati a colpi di regolamenti, a tutela dell’alta finanza e degli interessi di pochi, come poi è accaduto in quella che passerà alla storia come la più lunga “dittatura” (tecnocratica) nella vecchia Europa.

L’Europa di “Giorgia”, l’Europa dei conservatori, l’Europa da disegnare il giorno dopo il voto, nascerà, se nascerà, da queste radici; per questo il cosiddetto “sovranismo” non smantellerà l’Europa, a dispetto delle pensose analisi degli intellettuali nostrani, ma punterà a ridisegnarne gli assetti, interrompendo quella che Paul Valéry chiamava “l’inutile guerra fra armagnacchi e borgognoni” in nome di una idea più antica, più forte, più nobile. Almeno, questo è l’auspicio; su questo si fondano, non sulla realpolitik fine a se stessa, anche i dialoghi serrati per costruire col popolarismo europeo una alleanza fattuale e non numerica, un ribaltamento del tavolo senza precedenti e ancora tutto da scoprire negli effetti.

E la Destra italiana, a sorpresa, giocherà un ruolo decisivo in questa partita, con lo zaino in spalla e quel bagaglio “europeista” che neppure le altre destre, perfino quelle euroscettiche, sospettavano potesse avere. L’alba dell’Occidente, parafrasando Spengler, potrebbe sorgere proprio da questa sgangherata e martoriata Europa.

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