L’intervista. Balboni: troppe fake news sul premierato, cosa dice davvero la riforma
Partiamo da un assunto: siccome i testi delle riforme non li legge nessuno le opposizioni hanno buon gioco a diffondere una bufala dopo l’altra in una escalation di allarmismo che non giova alla corretta informazione e sconfina nella fabbrica di vere e proprie fake news. Che il senatore di BdI Alberto Balboni, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, si occupa di demolire una a una, in veste di debunker per il Secolo.
La deputata del Pd Paola De Micheli ha detto in tv che con la riforma del premierato un presidente del Consiglio che impazzisce rimane in carica e non si può mandare via.
Ma non è così, anzi. Non solo resta la mozione di sfiducia anche nella riforma, ma è espressamente previsto che nel caso venga votata una mozione motivata di sfiducia nei confronti del premier eletto si vada direttamente alle urne dopo che il presidente della Repubblica ha sciolto le Camere. È inoltre previsto che, in caso di dimissioni per motivi personali o perché è stata respinta la questione di fiducia su un provvedimento del governo, il presidente del Consiglio possa chiedere lo scioglimento delle Camere e in tal caso il presidente della Repubblica lo disponga.
C’è anche l’opzione di indicare un altro esponente della maggioranza…
Qualora il premier eletto non eserciti la facoltà di chiedere lo scioglimento delle Camere entro 7 giorni, il presidente della Repubblica può conferire per una sola volta l’incarico allo stesso premier dimissionario oppure a altro parlamentare purché sia stato eletto nella maggioranza del premier.
La sinistra dice che la riforma riduce il presidente della Repubblica a semplice notaio…
Il presidente della Repubblica con la riforma perde un solo potere, quello di nominare i senatori a vita. Faccio notare poi che in sede di assemblea costituente il Pci si batté con grande convinzione contro i senatori a vita. Che esistono solo in Italia e in Russia. Gli ex presidenti della repubblica continueranno a essere senatori a vita come avviene adesso.
Quindi gli altri poteri del Capo dello Stato restano intatti?
Al presidente della Repubblica restano tutti i poteri che ha oggi: continua a autorizzare la presentazione dei ddl al Parlamento, a promulgare le leggi, continua a presiedere il Csm e il consiglio supremo di Difesa, continua a mandare messaggi alle Camere, nomina e revoca i ministri su proposta del presidente del Consiglio. Si aggiunge anzi il potere di revoca, che prima non c’era.
L’emendamento Pera ha salvaguardato ancora di più la figura del Capo dello Stato. In che modo?
L’emendamento Pera, che è stato approvato, ha inserito tutta una serie di atti per cui non occorre la controfirma del presidente del Consiglio. E che quindi il capo dello Stato compie in piena autonomia. Come ad esempio la nomina di 5 giudici della Corte costituzionale, la grazia e commutazione delle pene, l’indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi alle camere e il rinvio delle leggi al Parlamento. Con questa riforma il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica viene rafforzato e non indebolito, egli è arbitro super partes come era stato immaginato dai padri costituenti e non ci sarà più bisogno che svolga quel ruolo di supplenza che in certe fasi della nostra storia anche recente ha dovuto svolgere per l’impasse del sistema politico parlamentare. Non ce ne sarà più bisogno perché con questa riforma la parola tornerà agli elettori, che sono i veri detentori della sovranità.
Altra obiezione: il premierato non esiste in nessun altra parte del mondo
E’ vero. Tuttavia il sistema italiano ha le sue peculiarità. Anche il semipresidenzialismo immaginato da De Gaulle in Francia non esisteva prima nel panorama internazionale. Io sono sicuro che quando la sinistra vincerà le elezioni eleggendo il premier questo sistema comincerà a piacere anche alla sinistra. Come ha cominciato a piacere alla sinistra francese, che fino ad allora aveva gridato allo scandalo, quando Mitterrand ha vinto.
La sinistra parla di baratto tra le forze di maggioranza. A FdI il premierato, a Forza Italia la riforma della giustizia e alla Lega la riforma dell’autonomia differenziata.
Non si chiama baratto ma accordo politico e programma di governo. Non sono riforme che i partiti fanno per se stessi ma per modernizzare l’Italia. L’attuazione dell’autonomia è semplicemente l’applicazione della riforma del titolo V voluta dalla sinistra. E vorrei precisare che grazie a un mio emendamento la legge dice che prima di concedere l’autonomia vanno definiti i livelli essenziali di prestazione a livello nazionale. Ricordo poi che a causa della instabilità politica l’Italia ci ha rimesso 265 miliardi di interessi sul debito pubblico come rilevato da uno studio del Sole 24 ore pubblicato nell’agosto del 2023.
Un’ultima obiezione presa in prestito dalla sinistra. Manca la legge elettorale con cui sarà eletto il premier.
Per forza. Prima ci dev’essere l’approvazione della riforma e dopo si stabilità la legge elettorale per la quale è già sancito un premio di maggioranza che garantisca la governabilità nel rispetto del principio di rappresentatività. Nessuno immagina un premio di maggioranza abnorme che sarebbe incostituzionale, quindi ci sarà una legge elettorale che potremo approvare dopo l’approvazione della riforma.
Lei personalmente è favorevole al doppio turno?
Io immagino un sistema elettorale in cui ci sia sbarramento attorno al 40%. Se il candidato premier non raggiunge quella soglia si fa il ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. Ma ci sarà tempo per discuterne, anche con le opposizioni, solo che smettano di fare ostruzionismo.