Maradona, l’alieno: 40 anni fa l’arrivo al Napoli. Un nome diventato leggenda, immortale, foscoliano

27 Giu 2024 13:51 - di Diego Corti
Maradona

“Maradona?  E’ un nome che somiglia a una bestemmia”. Così rispose Gianpiero Boniperti all’Avvocato quando, nel 1980, gli chiese di monitorare questo ragazzo che sembrava fortissimo. Il 30 giugno del 1984, pochi minuti prima che finisse il calciomercato, Corrado Ferlaino depositò nella sede della Lega a Milano il contratto di acquisto di Diego Armando Maradona per la cifra record di tredici miliardi di lire. Pensava e sapeva di avere acquistato il più grande calciatore al mondo ma ignorava, in realtà, di avere portato nella città simbolo di bellezza e di degrado un numen che sarebbe diventato leggenda.

Le estenuanti trattative a Barcellona

Da fine aprile era circolata la voce che Diego Armando Maradona volesse andare via da Barcellona. L’infortunio rimediato ad opera del “macellaio” Goicoextea, nella partita contro l’Atletico Bilbao, lo aveva costretto a un lungo stop e, presumibilmente, alla prima assunzione di cocaina. E’ probabile che i blaugrana lo sapessero ma misero in piedi una trattativa estenuante. Protagonista fu Totonno Juliano, allora direttore sportivo del Napoli, che ingaggiò una guerra diplomatica con il vice-Presidente Gaspart.

Diego e il Banco di Napoli

Bisognava trovare i soldi per concludere l’operazione. Tredici miliardi di lire erano una cifra sbalorditiva e fuori portata. E qui entrò in gioco Vincenzo Scotti, sindaco della città ed esponente di punta della Dc. Fu lui a mediare con il Banco di Napoli per la fidejussione. Una scena meravigliosamente raccontata da Paolo Sorrentino nel fil, “E’ stata la mano di Dio”.

“Maradona è meglio e Pelè”

La sera del 30 giugno Napoli esplose alla notizia dell’acquisto. Scene di giubilo, clacson, come se fosse stato vinto il primo, agognato scudetto. La Cosa incredibile è che già due giorni dopo, in tutta Italia, circolavano le audiocassette abusive di due canzoni divenute famose: “Maradona è meglio e Pelè”, e “Il tango di Maradona”.

Le vittorie e la profezia di Bellavista

In sei anni e mezzo Maradona vinse due scudetti, una coppa Uefa, una coppa Italia e una Supercoppa italiana. Probabilmente se all’epoca ci fosse stata la Champions( che oggi qualifica le prime quattro) quel trofeo non gli sarebbe sfuggito. Vinse praticamente da solo i mondiali del 1986 sfiorando il bis quattro anni dopo in Italia. E nella famosa semifinale contro l’Italia, a Napoli, fece un appello da capopopolo che si dimostrò efficace, giacché gran parte dei napoletani, come una rivalsa borbonica, tifò per lui.

In uno dei film dedicati a Bellavista, Luciano De Crescenzo lo paragonò a San Gennaro, non sapendo che avrebbe di fatto affiancato il nobile Patrono nella cultura popolare.

Un simbolo foscoliano

Nonostante sia morto giovane, Maradona per Napoli è il perfetto simbolo foscoliano: è immortale, presente, più che mai vivo. Un Re senza tempo che non sarà mai sostituito. La storia, una volta scomparso, gli ha dato ragione.

 

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