Nomine Ue, tutti i riflettori puntati su Meloni: pressing dei leader per un accordo con la premier

27 Giu 2024 18:47 - di Ginevra Sorrentino
Nomine Ue Meloni

Subito prima del via ai lavori del Consiglio europeo, chiamato a decidere le nomine apicali dell’Unione, c’è una squadra determinata che si posiziona e fa quadrato intorno all’Italia e a Giorgia Meloni su cui si concentrano in queste ore i riflettori. C’è grande attesa sulle decisioni della premier, che ieri nelle comunicazioni in Aula in vista dell’appuntamento istituzionale di Bruxelles partito oggi e che proseguirà domani, ha lamentato strategie e risoluzioni prese sulla base di ipotesi e proposte valutate a dispetto del verdetto elettorale. Pendendo contestualmente le distanze da una “logica dei caminettiad excludendum, che scavalca la logica del consenso facendo calare nomine e investiture scelte aprioristicamente nelle stanze decisionali.

Nomine Ue, lavori al via coi riflettori puntati sull’Italia e il suo premier

Una situazione che, al momento, vede i leader del “caminetto” che si sono accordati sui “top jobs”, alle prese con un tentativo in extremis di smorzare le polemiche sull’esclusione dell’Italia dalla discussione. E un’attenzione riservata a Giorgia Meloni, che punta soprattutto su due ordini di ragioni. La prima: la presidente del Consiglio italiana vanta una schiera di 25 eurodeputati che potrebbero risultare determinanti per il voto, a scrutinio segreto, in plenaria. Inoltre, la leader di Fratelli d’Italia è anche alla guida di Ecr, i Conservatori europei, terzo gruppo più numeroso nell’arco parlamentare europeo. Per non parlare del fatto che non è certo una novità come e quanto i Paesi partner abbiano a più riprese seguito la linea tracciata dal governo italiano su diversi temi in agenda a Bruxelles, a partire dalla gestione dei flussi migratori.

Da Tusk a Weber: i leader del Ppe che fanno quadrato intorno alla Meloni

Una centralità del ruolo dell’Italia, che in queste ore molti leader europei si sono detti pronti a rilanciare, come dimostrato dal primo ministro polacco Donald Tusk, che appena arrivato a Bruxelles ha dichiarato con nettezza: «Non c’è Europa senza Italia, non c’è decisione senza Giorgia Meloni. Per me è ovvio». Parole concilianti verso Meloni, quelle arrivate da un esponente di peso dei popolari, tra i mediatori dell’accordo, come il premier polacco Donald Tusk, che a margine della prima dichiarazione ha anche aggiunto: «Nessuno rispetta la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e l’Italia più di me», provando anche a ridimensionare le polemiche sul pacchetto di nomine partorito da Ppe, S&D e Renew alla stregua di un frutto “avvelenato” nato da  «un malinteso».

Nomine Ue, il pressing per un accordo con Meloni

E sulla linea del premier polacco si è schierato anche Rutte. Il premier olandese e nuovo segretario della Nato prova ad aggiustare il tiro delle prime dichiarazioni per far arrivare un messaggio di distensione verso l’Italia: «Roma sia ben rappresentata». Dichiarazioni in sintonia con quelle rilasciate da Manfred Weber, presidente e capogruppo del Ppe al Parlamento europeo: l’Italia, ha spiegato il tedesco, «è un Paese del G7, è uno dei principali Paesi europei. Apprezzo molto il contributo del governo italiano, sotto la leadership di Antonio Tajani e di Giorgia Meloni. Per questo il processo, cruciale, per tenere conto anche degli interessi italiani è fondamentale per l’Unione europea».

Consiglio europeo, il sostegno alla Meloni del cancelliere austriaco

Anche il cancelliere austriaco Karl Nehammer, al suo arrivo a Bruxelles, ha speso parole di stima per Meloni: «Penso che sia importante includere bene l’Italia, in particolare la premier, in questo processo negoziale. Lo sostengo anche all’interno del Partito popolare europeo». Il premier italiano, ha aggiunto Nehammer, «è un primo ministro che ha intrapreso molte buone iniziative per l’Unione europea e per la sicurezza alle nostre frontiere esterne. Soprattutto se penso alla strategia per l’Africa, lei è un partner importante anche per l’Austria».

Orban tuona contro l’intesa sui top jobs

E mentre su X il premier ungherese Orban tuona contro l’intesa sui top jobs («gli elettori europei sono stati ingannati. Il Ppe ha formato una coalizione di bugie con la sinistra e i liberali. Non sosteniamo questo accordo vergognoso»), le trattative intanto entrano nel vivo. Tajani – anche lui del Ppe – afferma che nessuna decisione è stata ancora presa sulla posizione dell’Italia e invita ad un accordo con i Conservatori di Meloni e non con i Verdi.

Il nostro ministro degli Esteri si è detto «molto perplesso» sull’ipotesi di assegnare un mandato di 5 anni al socialista Costa come presidente del Consiglio europeo, «perché il Ppe ha vinto le elezioni. Non le hanno vinte né i socialisti né i liberali». Pertanto, ha aggiunto il titolare della Farnesina, «se Antonio Costa vuole rimanere fino alla fine della legislatura», allora Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo e membro dei popolari, «deve a sua volta rimanere» presidente del Parlamento «fino alla fine della legislatura».

E intanto Giorgia Meloni non rilascia dichiarazioni…

Poi il summit apre ai lavori: e lo fa con una sessione sull’Ucraina a cui partecipa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Ma è chiaro a tutti che il punto saliente dell’agenda riguarda i cosiddetti “top jobs” della Ue. Con i riflettori, come anticipato, puntati sulla decisione che la premier Meloni prenderà sulle nomine europee: votare a favore. Astenersi. O votare contro il pacchetto dei “top jobs”. Non solo. Oltre ai ruoli apicali le trattative vertono anche sui commissari da assegnare ai vari Paesi. L’Italia chiede una vicepresidenza e un commissario con deleghe pesanti: da tempo si fa il nome del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, che potrebbe trovare posto a Bruxelles come super commissario alla Coesione e al Recovery Plan. Al momento, però, la premier resta silente. Operosamente silente.

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *