Turetta, verbale agghiacciante: “Ingiusto che Giulia vivesse senza di me. L’ho uccisa guardandola negli occhi”

22 Giu 2024 9:34 - di Redazione
Giulia Filippo Turetta

I regali rifiutati, la rabbia quando capisce che è finita, il coltello. La trasmissione “Quarto Grado” su Rete4  ha mandato in onda il racconto inedito di Filippo Turetta nel carcere di Verona il primo dicembre scorso: 12 giorni dopo l’arresto in Germania e 20 giorni dall’uccisione dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Il verbale aggliacciante dell’interrogatorio davanti al pubblico ministero di Venezia Andrea Petroni è stato ripreso dall’Adnkronos.

A “Quarto Grado”, il racconto inedito dell’interrogatorio di Filippo Turetta

Gli ultimi istanti di vita atroci di Giulia si materializzano: “Continuava a chiedere aiuto. Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia.” Dall’interrogatorio gli ultimi momenti di vita di Giulia Cecchettin, 22 anni di Vigonovo (Padova), laureanda in Ingegneria biomedica, ci appaiono  con un’evidenza angosciante. L’orrore. Il Male. Poi i regali rifiutati, la rabbia che sale quando capisce di averla persa, il coltello che affonda mentre lei grida ‘aiuto’ e tenta di parare i colpi.

“Stava creando nuove relazioni”

Nel carcere di Verona, davanti al pubblico ministero di Venezia Andrea Petroni, il giovane ricostruisce la serata trascorsa a fare shopping e la cena in un centro commerciale a Marghera, quindi il viaggio di ritorno con l’auto che si ferma in un parcheggio a 150 metri dalla casa di Giulia. “Volevo darle un regalo, una scimmietta mostriciattolo. Con me avevo uno zainetto che conteneva altri regali: un’altra scimmietta di peluche, una lampada piccolina, un libretto d’illustrazione per bambini. Lei si è rifiutata di prenderlo. Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava ‘sentendo’ con un altro ragazzo”.

Come ha ucciso Giulia: “Le ho dato, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello”

E la lite diventa aggressione, omicidio efferato. “Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me. È scesa dalla macchina, gridando ‘Sei matto, vaffanculo, lasciami in pace'” racconta il ventiduenne al pm. “Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anch’io, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore. L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava ‘aiuto’ ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio, mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. Allora l’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore”. Urla che saranno sentite da un testimone, ma che non basteranno a salvare la sventurata Giulia. Cecchettin.

Filippo Turetta guida l’auto per circa quattro chilometri: dal parcheggio in via Aldo Moro a Vigonovo verso un luogo più isolato, nella zona industriale di Fossò. “Mentre eravamo in macchina lei ha iniziato a dirmi ‘cosa stai facendo? sei pazzo? Lasciami andare’. Era sdraiata sul sedile, poi si è messa seduta. Si toccava la testa. All’inizio pensavo solo a guidare. Poi ho iniziato a strattonarla e tenerla ferma con un braccio. C’eravamo fermati in mezzo alla strada, ho provato a metterle lo scotch sulla bocca, non mi ricordo se se l’è tolto o è caduto da solo perché non l’avevo messo bene. Si dimenava. È scesa e ha iniziato a correre. Anch’io sono sceso”. Un tentativo di mettersi in salvo ripreso, in parte, da una telecamera di una ditta (inquadra Giulia alle 23.40) che prelude l’atto finale.

“Si proteggeva con le braccia mentre la stavo colpendo”

“Avevo due coltelli nella tasca in auto dietro al sedile del guidatore. Uno l’avevo lasciato cadere a Vigonovo. Ho preso l’altro e l’ho rincorsa. Non so se l’ho spinta o è inciampata. Continuava a chiedere aiuto. Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia”. L’autopsia restituisce 75 coltellate e una morte per shock emorragico provocato dal colpo alla testa e dalle coltellate. “Mi ricordo che era rivolta all’insù, verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo. L’ultima coltellata che le ho dato era sull’occhio. Giulia era come se non ci fosse più. L’ho caricata sui sedili posteriori e siamo partiti. Avevo i vestiti abbastanza sporchi del suo sangue” ammette.

Un piano segnato anche da due tentativi di suicidio, il primo lungo la strada per il lago di Barcis, dove abbandona il corpo dell’ex fidanzata. “Mi sono fermato in un punto in cui non c’erano case e sono rimasto un po’ lì. Ho provato anche con un sacchetto a soffocarmi, però anche dopo averlo legato con lo scotch non sono riuscito e l’ho strappato all’ultimo. Allora ho preso lei e sono andato a nasconderla” prima di ricominciare la fuga che finisce in Germania, vicino Lipsia, dopo sette giorni e mille chilometri.

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