Ustica, 44 anni fa la strage: i misteri mai chiariti di una tragedia che si poteva evitare

27 Giu 2024 12:10 - di Redazione
Ustica

Ustica non è solo il nome di una bellissima isola siciliana ma il simbolo di una delle più grandi tragedie italiane. Il 27 giugno del 1980, alle 20,59, il Dc9  dell’Itavia partito da Bologna e diretto a Palermo sparì dai radar. Fu ritrovato spezzato in due nel mare di Ustica con la morte di tutte le 81 persone, tra passeggeri e personale di volo, presenti nell’aeromobile. Una tragedia ancora senza soluzione che fu derubricata all’inizio come incidente, costando di fatto la reputazione e il fallimento alla compagnia aerea.

Andrea Purgatori e il coraggio dell’inchiesta

Un giovane giornalista de Il Corriere della Sera, Andrea Purgatori, ebbe il grande merito di non credere all’ipotesi dell’incidente, iniziando una lunga inchiesta che riuscì a fare breccia nell’opinione pubblica nonostante, “Il muro di gomma”( nome del libro scritto da Purgatori dal quale fu tratto un film) degli apparati dello Stato.

L’Ipotesi più credibile: l’attentato a Gheddafi

A distanza di anni la Cassazione ha riconosciuto che quella notte ci fu una vera e propria guerra nei cieli sancendo anche un risarcimento per Itavia. L’ipotesi più credibile, che però avrebbe bisogno di una desecretazione dei documenti in mano a Parigi, è che quella sera vi fu una guerra nei cieli partita dai francesi nel tentativo di salvare la vita a Gheddadi, leader libico. Ne hanno parlato Francesco Cossiga e Giuliano Amato, all’epoca presidente del Consiglio e ministro degli interni. Testimonianze non confermate parlano di un avvertimento fatto dai massimi vertici italiani al colonnello libico per evitargli la morte. Una tesi suffragata da quanto avvenne contemporaneamente a Castelsilano, in Calabria.

Il Mig in Calabria e Ustica

Il 18 luglio 1980 la carcassa di un MiG-23MS dell’Aeronautica militare libica venne ritrovato sui monti della Sila in zona Timpa delle Magare, nell’attuale comune di Castelsilano (all’epoca nella provincia di Catanzaro, oggi in quella di Crotone), in Calabria.

Il Giudice Istruttore ipotizzò una correlazione del fatto con la caduta del DC-9 Itavia, in quanto furono depositate agli atti delle testimonianze di diversi militari in servizio in quel periodo, tra le quali quelle del caporale Filippo Di Benedetto e dei suoi commilitoni del battaglione “Sila”, del 67º battaglione Bersaglieri “Persano” e del  Battaglione fanteria “Cosenza”, che affermavano di aver effettuato servizi di sorveglianza al MiG-23 non a luglio, bensì a fine giugno 1980, il periodo cioè della caduta del DC-9 Itavia. Si teorizzò quindi che il caccia libico non fosse caduto il giorno in cui fu dichiarato il ritrovamento dalle forze dell’ordine (cioè 18 luglio), ma molto prima, probabilmente la stessa sera della strage, e che quindi il velivolo fosse stato coinvolto, attivamente o passivamente, nelle circostanze che condussero alla caduta dell’aereo Itavia.

La verità in mano ai francesi

Il Dc9 sarebbe dovuto partire due ore prima ma a causa del maltempo si alzò in volo alle 20,15. Ma non fu il destino a segnare la morte di 81 persone. La Francia ha in mano le carte necessarie per declarare una verità storica che tarda ad arrivare, anche se è ormai accertato che non vi fu alcun incidente. Quella sera vi fu una guerra nei cieli. Le ultime parole del pilota, registrate, furono: “Gua!”, un guarda strozzato da qualcosa di spaventoso. Il depistaggio portò addirittura alla tesi degli Ufo. Come se 81 persone innocenti non avessero avuto diritto almeno alla giustizia.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *