«A voi il governo tecnico, a noi l’ammucchiata». L’asse “sinistro” Parigi-Roma: nel nome del peggio

4 Lug 2024 8:33 - di Antonio Rapisarda

La settimana di “panico Marine” che sta letteralmente frantumando ogni residuo di dignità politica di Emmanuel Macron e ogni briciola di credibilità alternativa alle sinistre del fantomatico nuovo Fronte popolare riserva una chicca: un inedito scambio tutto gauchista fra Parigi e Roma. Parliamo di roba per stomaci forti. La sinistra francese infatti, per cercare di impedire in tutti i modi la vittoria del Rassemblement national, sembra intenzionata ad importare il peggio del sistema italiano quando c’è da scavalcare il principio di rappresentanza: la formula dei governi tecnici. E per non essere da meno, la sinistra italiana – alla ricerca di uno straccio di quadra per il campo largo – ricambia volentieri nei confronti dei cugini aggrappandosi al peggior istinto del secondo turno francese: l’ammucchiata “repubblicana”, il tutti dentro senza pudore.

Il minimo comun denominatore è semplice da calcolare: l’idiosincrasia, da questa parte delle Alpi come dall’altra, per la volontà politica espressione del voto dei cittadini. Che va ostacolata e negata senza se e senza ma se premia, ovviamente, la destra. Ed ecco allora che l’espediente che i macroniani di «ora e sempre desistenza» stanno escogitando – ossia prendersi i voti degli (ex?) nemici insoumis comunisti e antisemiti senza offrire a loro un’alleanza organica di governo – è quella di riproporre in patria la formula italiana del premier tecnico. Opzione, bisogna ammetterlo, da geni del male: clonare, con i voti della sinistra radicale, un Macron ancora più grigio e ancora meno rappresentativo da adattare al governo. Il tutto, è chiaro, per fermare l’avanzata della destra…

Non vuole essere da meno la sinistra nostrana: massima esperta mondiale, da parte sua, di governi non espressione del mandato popolare. Elly Schlein, Nicola Fratoianni, Giuseppe Conte, Riccardo Magi non hanno perso tempo: per sentirsi un po’ francesi pure loro hanno subito battezzato sul palco dell’Anpi l’ammucchiatina larga. A cui iniziano a strizzare l’occhio pure i duellanti “suonati” del fu terzo polo: Carlo Calenda e Matteo Renzi. Un’intesa, si capisce perfettamente, senza nemmeno più la parvenza di un perimetro programmatico che non sia appunto, come in Francia, l’ossessione di sbarrare la strada alla destra. E proprio ciò che accadrà Oltralpe domenica sarà la prova generale, il precedente “nobile” da utilizzare in Italia quando si tornerà al voto.

E così Melénchon e Macron in Francia, Pd, sinistra radicale e neocentristi in Italia, si ritrovano in realtà come due facce della stessa medaglia. Altro che alternativa: l’uno, in caso di “emergenza”, è perfettamente funzionale all’altro. E le divisioni – e che divisioni – su Ucraina, Israele, tasse, immigrazione? Che vuoi che siano: rimosse come se nulla fosse. La maschera “antifascista” annulla tutto. E cela la realtà: la difesa dello status quo. «Ora e sempre», contro il volere del popolo.

 

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