Biden, appello alla calma. Ma rispuntano le parole dell’8 luglio su Trump “da mettere nel mirino”

15 Lug 2024 8:21 - di Leo Malaspina

Un giorno dopo l’attentato alla sua vita, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump è arrivato in Wisconsin, dove sarà ufficialmente nominato candidato del Partito repubblicano alle elezioni presidenziali di novembre. A Milwaukee oggi prenderà il via la Convention nazionale repubblicana. Dopo l’attacco di sabato a un comizio elettorale in Pennsylvania, in cui Trump è stato colpito da un proiettile all’orecchio, l’ex presidente ha dichiarato di aver inizialmente pensato di rimandare il viaggio di due giorni. Tuttavia, “ho deciso che non posso permettere che un ‘tiratore’ o un potenziale assassino mi costringano a cambiare i miei programmi o qualsiasi altra cosa”, ha scritto in un messaggio su ‘Truth Social’.   Scendendo dall’aereo il tycoon ha alzato il pugno, così come aveva fatto subito dopo l’attentato poco prima di lasciare il palco dove stava tenendo un comizio.

L’invito di Biden alla responsabilità

Dal canto suo il presidente degli Stati Uniti Biden, che è alla ricerca di un altro mandato alle elezioni di novembre e tornerà in campagna elettorale la prossima settimana secondo quanto dichiarato dalla Casa Bianca, ha esortato all’unità dopo l’attentato al suo rivale. “In questo momento la cosa più importante è combattere queste violenze con unità. Possiamo discutere, dibattere e anche esprimere il nostro disaccordo ma non è così che possiamo risolvere nessun problema. Noi siamo americani e dobbiamo sentirci uniti come nazione”, ha affermato annunciando che le misure di sicurezza in Wisconsin sarebbero state implementate (“Ho ordinato al capo dei servizi segreti di rivedere tutte le misure di sicurezza”) e che “l’Fbi sta conducendo l’indagine che è ancora nelle fasi iniziali”.

Sui social e sui media, però, da ieri fa discutere quella frase, quasi profetica, pronunciata da Biden l’8 luglio scorso, quando il presidente disse che “è tempo di mettere Trump nel mirino”. Qualcuno ha preso sul serio quella metafora.

L’indagine sul cecchino

Gli inquirenti non hanno ancora individuato un chiaro movente ideologico dietro l’azione del 20enne Thomas Matthew Crooks. L’agente speciale dell’Fbi di Pittsburgh Kevin Rojek ha spiegato alla ‘Nbc’ che l’indagine è ancora “nelle sue fasi iniziali” e ulteriori elementi potrebbero arrivare dall’analisi del cellulare dell’attentatore. Al momento, “non ci sono indicazioni di problemi di salute mentale” per il giovane.

Rojek ha detto che l’Fbi ritiene che il sospettato abbia agito da solo e che non ci siano problemi di sicurezza pubblica in questo momento. Inoltre, non ci sono indicazioni che Crooks abbia avuto precedenti interazioni con le forze dell’ordine prima di sabato. La famiglia del ragazzo sembra collaborare con gli inquirenti, che hanno delineato il quadro relativo allarma utilizzata: si ritiene sia stata acquistata dal padre di Crooks.

“Il nostro obiettivo numero uno – ha sottolineato Rojek – è quello di identificare il movente e determinare se aveva altri associati o chiunque altro fosse coinvolto. Al momento l’indagine sembra determinare che abbia agito da solo ma abbiamo ancora altre indagini da fare”.

Servizi segreti sotto accusa

I Servizi Segreti sono finiti sotto accusa dopo l’attentato a Donald Trump. La macchina della sicurezza non ha funzionato e non ha impedito al ventenne Thomas Matthew Crooks di aprire il fuoco con un fucile automatico. Il giovane, che ha ucciso un uomo e ferito gravemente altre 2 persone, ha sparato dal tetto di un edificio a 150 metri dal palco di Trump.

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