Colosimo: “Dalla Consulta una grande segnale per le vittime di mafia: parenti innocenti non possono essere penalizzati”
Chiara Colosimo esulta per la decisione della Consulta di abrogare la legge che vietava alle vittime innocenti di mafia, parenti dei mafiosi, il riconoscimento e i benefici della legge.
“La Corte Costituzionale ha abrogato con sentenza numero 122 del 4 luglio la norma di legge sul quarto grado di parentela che per anni ha precluso a decine di familiari di vittime innocenti della criminalità organizzata di vedersi riconosciuti benefici economici previsti per legge. Proprio in questa direzione ho presentato, più di un mese fa, un emendamento in discussione in queste ore alla Camera dei deputati. Un impegno preso con tanti familiari di vittime innocenti, magari anche minori. Non un euro dello Stato deve andare nelle mani della mafia; non un euro in meno deve restare nelle casse dello Stato se quella famiglia ha scelto di prendere nettamente le distanze da quel parente mafioso ed ha anche conosciuto il dolore di una perdita”. Così su X la presidente della commissione parlamentare antimafia Chiara Colosimo.
La decisione della Consulta anche per le vittime del terrorismo
I benefici previsti per i superstiti delle vittime del terrorismo o della criminalità organizzata non possono essere negati in ogni caso ai parenti e agli affini entro il quarto grado di persone sottoposte a misure di prevenzione o indagate per alcune tipologie di reato. Nell’accogliere la questione così sollevata, la Corte costituzionale ha osservato che la condizione ostativa riferita a parenti e affini, nella sua rigidità, travalica la finalità di procedere a una verifica rigorosa dell’estraneità dei beneficiari al contesto criminale. Verifica già imposta, in termini stringenti, dalla disciplina vigente, che richiede la radicale estraneità agli ambienti criminali.
Le parole di Colosimo e Peppino Impastato
Chiara Colosimo ha giustamente ricordato un principio che ha precedenti illustri. Uno fra tutti, Peppino Impastato, un eroe antimafia, ucciso nel 1978. Impastato secondo quella legge non poteva essere considerato vittima innocente perché il padre era legato a quel Tano Badalamenti che fu l’artefice dell’assassinio del coraggioso giovane siciliano, barbaramente trucidato per essersi ribellato e opposto alla mafia.