Conversazioni secolari. Borgonovo: «Tutto ciò che non è liberale è guardato male e viene demonizzato»

7 Lug 2024 11:45 - di Lorenzo Cafarchio

Costruire idee per vivere in eterno ma innanzitutto per renderle perenni. Nel tempo in cui si fugge da librerie ed edicole ci torniamo volentieri per trovare il barometro dei giorni che attraversiamo. Qui appare, tra le prime linee, la penna di Francesco Borgonovo. Il vicedirettore de La Verità e autore decisamente prolifico ha riempito gli scaffali con il suo nuovo saggio, edito da Signs Publishing, Malefici. Come rompere gli incantesimi del pensiero unico (296 pp.; 20,00€) uscito proprio in questi giorni. Seduti componiamo il numero e usiamo il telefono per elucubrare attorno ai concetti da elaborare uscendo dal tunnel dalle riflessioni monodimensionali.

Borgonovo eccoci tornare al pensiero unico, termine forse abusato, ma frutto della realtà in cui viviamo…

«Preferisco usare pensiero prevalente, anche perché non c’è un pensiero unico. A esso si aderisce per comodità. Esistono tre, quattro cose che sono passate e vivono nel senso collettivo. Idee sulla Nazione, per esempio, sui migranti, sulla funzione della scienza, sulla pandemia e sulla guerra. Una forma di pigrizia che però coltiviamo supinamente. Spesso i primi a farne uso sono quelli che vorrebbero combatterlo».

Abbiamo le orecchie piene di egemonia culturale. Ma, quindi, esiste una guerra tra domini intellettuali?

«Non esiste nessuna guerra, esiste un’egemonia ma che non è di sinistra. Un’egemonia liberale. Il pensiero alternativo può servire e serve per smontare la visione attuale. Detto questo non mi interessano le lotte: ma è più stimolante andare a vedere il lavoro sul pensiero che permette alle persone di cambiare idee. Mansione che deve svolgere, per esempio, un partito politico. In questa situazione autonomamente dobbiamo costituirci una visione. Non significa relativismo totale, ma attorno ad alcuni valori dobbiamo porci delle domande e delle questioni. Basta con frasi fatte e luoghi comuni».

Come si fa, allora, a costruire questo tipo di approccio?

«Oggi come oggi rileggerei i libri di Christopher Lasch, editi in Italia da Neri Pozzi, e se devo consigliare un autore italiano andrei su Mario Polia pubblicato da Cinabro Edizioni e da Il Cerchio. Suggerisco di leggere tutto mettendosi in discussione. Leggere anche gli altri, anzi soprattutto gli altri, quelli che ci mettono in crisi. Tra la visione comunitaria e liberal scelgo la prima, ovviamente, ma la comunità si costruisce a partire dalla pratica quotidiana. Guardando quello che abbiamo attorno, con il corpo più che con la mente. Far parte di una comunità non vuol dire che il singolo debba annullarsi. La grandezza dell’Europa, come dice Cacciari, si muove tra varie tendenze collettive, ma dobbiamo ricordarci che siamo quelli che hanno creato l’individuo. Vicinanza corporale e organica coltivando il pensiero come forma agonistica».

Quanta fatica per affiancare ai giovani politica e idee…

«Uno si avvicina alla politica partendo da valori. Valori che possono essere declinati in vari modi. Ognuno decide quali sono i partiti che meglio incarnano queste virtù. Il popolo non va di moda, la Nazione non va di moda. Il caso della destra è emblematico. Vedi la Francia. La sinistra fa critiche condivisibili come su economia e globalismo, ma pur di non sporcarsi con la Le Pen si allea con Macron. Tutto questo è ridicolo, fuori dal tempo, dalla storia, della grazia di Dio. Stiamo a discutere del nulla».

In Italia vedi il caso Fanpage…

«Infiltrare è uno sforzo che merita altra causa. Non un gruppo di ragazzini, ma un clan criminale ad esempio. Così è pietoso. La dimensione agonistica e la creazione del pensiero prevedono di mettere in discussione i luoghi comuni. Altrimenti facciamo della propaganda. Detto questo ognuno si prende la responsabilità di quello che dice. E questa è una grande lezione. Il problema è che diciamo, però, sempre le stesse cose. Che pigrizia! I ragazzi hanno detto cazzate e quindi? Non sto sminuendo la portata delle parole, ma il punto è che questo tipo di inchieste servono a ribadire concetti detti e ridetti, ovvero che il mondo è pieno di fascisti cattivi. Totalmente falso».

Parole mai in libertà…

«Alla fine il pensiero prevalente impone di dirsi liberali per forza. Tutto ciò che non è liberale è guardato male e viene demonizzato. Una cosa di una pochezza e tristezza abbastanza palese». 

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