Putin contro i parlamentari russi: “Chi va all’estero senza autorizzazione rischia di perdere il seggio”

13 Lug 2024 15:52 - di Giulia Desideri
Putin

Putin dà l’ennesima “lezione” di democrazia alla rovescia. Il presidente russo ha firmato il provvedimento approvato dal Parlamento di Mosca che impone a deputati e senatori un’autorizzazione prima di lasciare il Paese. Se andranno all’estero senza essere autorizzati, potrebbero perdere il loro seggio. Il testo spiega che limitare i viaggi all’estero è necessario in un clima di nuove minacce per la sicurezza della Russia.

Putin, la Duma e il Consiglio Federale

Il Parlamento federale russo ha una struttura bicamerale. È composto dalla Duma (la Camera bassa), formata da 450 deputati ed eletta a suffragio universale ogni quattro anni, e dal Consiglio Federale, costituito da 166 senatori eletti in maniera indiretta dalle Assemblee locali.

Secondo la Costituzione, il Paese è composto da ottantacinque soggetti federali, compresa la Repubblica di Crimea e la città di Sebastopoli, la cui recente istituzione è contestata a livello internazionale e indicata come annessione illegale.

Parlamentari fuori da Mosca solo con il sì del governo

Con la legge promulgata da Putin, deputati e senatori russi potranno lasciare il Paese solo se autorizzati: missioni di lavoro ma anche eventuali motivi personali dovranno avere l’ok governativo, altrimenti i parlamentari potranno essere dichiarati decaduti. Una cosa che ovviamente non si è mai vista nelle vere democrazie liberali.

Gajdar(ex primo ministro): “Putin è un colosso pieno di crepe”

Yegor Gajdar, primo ministro nel 1992 in sostituzione di Boris Eltsin, nella prefazione al suo libro “Il collasso di un impero” (Edizioni Nuova Cultura), avanza una analogia tra la Russia postsovietica e la disfatta della Repubblica di Weimar. Un confronto illuminante, pur tenendo conto delle differenze tra l’avvento del nazismo e la nascita di un potere fortemente autoritario e caratterizzato da tendenze totalitarie. Il sostegno della Chiesa ortodossa a Vladimir Putin stenta però a restaurare lo spirito dell’impero “sacrale” delle origini e quello dell’universalismo marxista.

Nel libro si sottolinea che, “L’invasione dell’Ucraina è stato un errore politico che ha creato una frattura insanabile tra due grandi paesi limitrofi, legati da secolari ancorché complessi rapporti. Con quali vantaggi sul piano della sicurezza territoriale è difficile dire, soprattutto rispetto alla perdita di affidabilità richiesta dalla pur sempre necessaria cooperazione con la comunità democratica internazionale. Putin è sedotto dal progetto di un anacronistico nuovo impero russo con ambizioni egemoniche europee, che, con un termine in cui geografia e ideologia si fondono, può essere chiamato eurasiatico”, scrive l’ex primo ministro di Mosca..

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