Scampia, il cordoglio di Meloni e l’omaggio della Camera. Rampelli: “Abbattere e ricostruire”
“In questo momento di dolore il mio cordoglio va alle famiglie delle vittime unitamente a un pensiero di vicinanza ai feriti e ai loro cari. Un ringraziamento ai vigili del fuoco prontamente intervenuti e a quanti stanno collaborando nelle operazioni di soccorso”. Il premier Giorgia Meloni ha affidato ai social il suo messaggio per la tragedia provocata dal crollo del ballatoio della Vela Celeste di Scampia. Nel disastro sono morti un uomo di 29 anni e una donna di 35 – Roberto Abbruzzo, un macellaio che lascia la moglie e una bimba di due anni, e Margherita Della Ragione – e sono rimaste ferite 13 persone, tra le quali 7 bambini, alcuni dei quali in gravi condizioni.
Il cordoglio di Meloni e di Mattarella
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, poi, ha chiamato il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, per esprimergli solidarietà per la città, per i familiari delle vittime, per i feriti e per coloro che hanno dovuto lasciare le loro abitazioni, dopo quanto avvenuto a Scampia.
Il minuto di silenzio alla Camera e l’appello commosso della deputata nata a Scampia
Tutta la politica si è unita al cordoglio e alla Camera, su proposta del presidente di turno Sergio Costa, è stato osservato un minuto di silenzio. In Aula c’è stato anche un commovente intervento della deputata M5S Gilda Sportiello, interrotto dagli applausi dei colleghi. Sportiello, che non è riuscita a trattenere le lacrime, ha raccontato di essere cresciuta a Scampia e, rivolgendo il proprio pensiero alle vittime e ai feriti, in particolare ai bambini, ha spiegato che “si dice che Napoli è faticosa, io sono la prima a dirlo”. “Sono nata a Scampia, ho passato lì i primi anni della mia vita. Lo dico con l’orgoglio di una terra che ha sempre lavorato per non essere quella della narrazione collettiva. Mi auguro che tutti insieme possiamo dare risposte. Questa tragedia – ha concluso – deve ricordarci perché sediamo su questi scranni”.
Rampelli: “Modelli urbanistici intensivi sbagliati, serve demolire e ricostruire”
Il vicepresidente della Camera e deputato di FdI, Fabio Rampelli, ha poi sottolineato che “la tragedia ripropone il tema insoluto della fatiscenza del patrimonio edilizio e dei modelli urbanistici intensivi sbagliati, prima sviluppatori di degrado sociale, emarginazione, insicurezza, ora perfino responsabili di vittime innocenti”. “Altro che superbonus o romanelle travestite da ‘rigenerazione urbana’, l’Italia – ha avvertito – ha urgente bisogno di un piano straordinario di demolizioni e ricostruzioni, cioè di sostituzioni edilizie, che vedano sorgere al posto degli ecomostri di cemento che hanno prodotto conseguenti eco mostruosità sociali, città giardino a contenuta densità abitativa dove si concretizzi la prima forma di sicurezza di un tessuto urbano: il controllo di prossimità”.
“È il senso di appartenenza alla propria comunità che porta la persona a vivere e ad amare il proprio quartiere e rende eticamente obbligatorio provvedere alla sua manutenzione. Purtroppo – ha aggiunto Rampelli, architetto con formazione da urbanista – i 200 miliardi del superbonus si sono volatilizzati in investimenti iniqui e inutili, ma la frontiera della sostituzione si può raggiungere in collaborazione con il privato, attraverso la densificazione, il completamento dei nuclei urbani diffusi, il rilancio dei borghi con premialità affiancate agli investimenti pubblici”.
Antoniozzi: “Le Vele come un ghetto, nate da un’idea terribilmente sbagliata”
Anche per il vicecapogruppo di FdI alla camera, Alfredo Antoniozzi, “le vele di Scampia andrebbero semplicemente distrutte e bisognerebbe lavorare insieme per chiedere all’Europa fondi per un’edilizia popolare sostenibile e non ghettizzante com’è stata quella prodotta a Napoli, a Palermo, a Roma e in tante altre città italiane”. “L’urbanistica è fondamentale per la sociologia e quelle vele, che per me sono anche un orrore estetico, hanno simboleggiato una sorta di deportazione di massa di napoletani avvenuta secondo il principio giusto di una casa per tutti, ma di quello terribilmente sbagliato – ha concluso – di case popolari dove non c’erano integrazioni fra i ceti”.