Trump è salvo, la democrazia pure: questione di millimetri. Ecco perché dobbiamo tenere ad entrambi

15 Lug 2024 8:21 - di Antonio Rapisarda

L’augurio, complice la buona sorte e pochi millimetri, è che ci sia fermati davvero a un passo dal punto di non ritorno. Già, lo scampato pericolo per l’ex presidente Donald Trump deve rappresentare una lezione e un’indicazione netta per la democrazia americana, mai in difficoltà come ora, e con lei per l’intero sistema occidentale. Sistema, è sotto gli occhi di tutti, alle prese con una crisi di identità così profonda da rischiare, nel suo momento più difficile dalla fine della Guerra fredda, l’implosione. Causata dalle proprie contraddizioni.

La più clamorosa e parossistica, tanto negli Usa quanto in Europa, è quella che riguarda la profonda frattura fra la volontà popolare e la rappresentazione patologica che ne fa certo establishment, con il soccorso della sinistra di ogni ordine e grado: quando il popolo democraticamente decide in maniera diversa o disallineata da ciò che è stato in qualche modo stabilito quest’ultimo si trasforma in “problema”. Quando non in infezione, malattia o – come nel caso di Donald Trump – nell’incarnazione del male.

La soluzione adottata dalla sinistra in tutti questi anni, insieme al suo attrezzato apparato di comunicazione, è identica a ogni latitudine: rimozione, demonizzazione e sconfessione del messaggio maggioritario emerso dai cittadini. I termini utilizzati per esorcizzarlo e criminalizzare chi se ne fa interprete sono cronaca di questi giorni: “cordone sanitario”, “nuovo fronte popolare”, “arco costituzionale”. Tutto ciò, è chiaro, viene invocato e messo in piedi contro i «pericoli della democrazia»,  dunque le nuove «democrature», i «golpisti» e il «ritorno del fascismo». Ossia – sostanzialmente – contro il dettato della maggioranza degli elettori.

Ciò è accaduto per le Politiche in Italia, per le ultime elezioni Europee, alle legislative francesi e nuovamente – in una riedizione sempre più radicalizzata delle tornate 2016 e 2020 – per la lunga campagna delle presidenziali americane. Ovunque è stata applicata la stessa procedura terrorizzante contro ciò che è determinato dalla volontà popolare. Con punte grottesche e destabilizzanti come stiamo assistendo in Francia, con i magheggi di Emmanuel Macron che – pur di sbarrare la strada al Rassemblement national – ha gettato nel caos, balcanizzandolo, il sistema semi-presidenziale.

Ancora peggio a Bruxelles dove, a discapito del responso elettorale tutto orientato a rigettare l’agenda “green” di Timmermans e la conseguente desertificazione industriale, la vecchia Grosse Koalition (Ppe-Pse e Renew) intende ripartire proprio dall’impianto sconfessato dalle le opinioni pubbliche nazionali dei Ventisette: tutto questo pur di non ammettere e immettere nel circuito delle istituzioni la ventata rappresentata politicamente da Ecr di Giorgia Meloni e dal nuovo gruppo dei Patrioti. Anche qui la risposta non è fornire equa rappresentanza al responso politico delle urne ma tentare di alzare un muro (politicamente assai fragile ma non per questo poco odioso) nei confronti di più di un quarto di cittadini europei.

Se poi come è avvenuto negli States – da parte del grosso del Partito democratico, del network liberal, del sistema giudiziario fino alle star di Hollywood – si trascorrono quattro anni di governo ad applicare al proprio avversario la reductio ad Hitlerum invece di ricomporre i fili di un Paese lacerato, non ci si può sorprendere più di tanto se qualcuno (squilibrato o ideologizzato poco importa) alla fine pensa di passare dalle parole ai fatti. Con un fucile in mano. Esattamente ciò che è toccato a Donald Trump, elevato ormai a demone – totalmente de-umanizzato – su cui polarizzare tutto l’odio politico: inclusa la frustrazione per non aver saputo riportare minimamente a casa quei ceti popolari e rurali che al contrario odiano sempre di più i Democratici e la loro agenda.

E così per l’apparato della sinistra diventa “patologico” il popolo che non la segue più quanto diabolico chi ne interpreta le istanze. La conseguenza è una democrazia in cui da una sola parte viene sconfessato il congegno democratico che ne sta alla base. Il risultato finale non è tanto la polarizzazione (elemento in sé vivace delle società libere e competitive) ma l’abrogazione – quando non proprio la folle eliminazione – dell’altro da sé: un orizzonte in cui, non così alla lunga, non potrà reggere più alcun sistema occidentale. Ecco perché è fondamentale fermarsi davanti al punto di non ritorno. E stavolta è stata davvero questione di millimetri.

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