Trump, l’ultima follia della sinistra social: “L’attentato se l’è fatto da solo”. E se fosse successo a Biden?

14 Lug 2024 16:43 - di Mario Campanella
Trump

Se l’è fatto da solo. Ecco la nuova accusa che circola sui social contro Donald Trump. Con tanto di riferimenti a Pearl Harbor, ai due Kennedy e a una narrazione di sospetto paranoideo su tutto ciò che proviene dall’America, da sempre croce e delizia per i nostri connazionali.

Fra i tanti commenti che circolano su Facebook sull’attentato a The Donald, molti progressisti scrivono che in sostanza l’attentato sarebbe stato organizzato dall’entourage del candidato repubblicano per aumentare la popolarità e vincere le elezioni.

E a nulla serve far capire un ragionamento razionale: come si può organizzare un attentato in cui si fallisce l’obiettivo sparando da 150 metri e mancandolo per appena due centimetri ? E poi, organizzare un attentato significa ingaggiare chi spara, al quale nelle migliori delle ipotesi ,(purtroppo è andata diversamente) è destinato il carcere a vita? Ma la ragione perisce e muore davanti all’incombenza dei social.

Trump e Pearl Harbor

Scrive un’elettrice dichiaratamente di sinistra: “L’attentato a Trump somiglia al(finto) attacco di Pearl Harbor. Allora gli Stati Uniti si fecero bombardare per poter iniziare la guerra”. Un altro ancora, un giornalista, rincara la dose: “Mi sembra la riedizione di Taxi Driver(il capolavoro di Martin Scorsese con Robert De Niro): tutto ciò che accade in America puzza sempre”.

C’è poi chi arriva addirittura al massimo della paranoia possibile: “Era tutto organizzato, lo staff aveva preparato tutto , con la complicità dell’attentatore”. Un altro ancora dice: “E’ un complotto organizzato dai repubblicani con l’aiuto di Putin per vincere le elezioni” e l’elenco continua all’infinito chiamano in causa servizi segreti americani, russi, ucraini, israeliani e arabi.

Se fosse accaduto a Biden? Colpa della destra

Capovolgiamo la situazione: se invece di riguardare Trump l’attentato fosse accaduto a Biden sarebbe successo il finimondo. Tutto il mondo progressista avrebbe attaccato il magnate, accusandolo di avere provocato con le sue parole il tentato omicidio. Tutte le perplessità intorno alla figura del presidente in carica sarebbero svanite all’improvviso e la teoria del complotto avrebbe avuto una direzione e un mandante preciso: Trump, la destra(compresa chiaramente quella italiana),  Le Pen, Orban, addirittura  Putin e probabilmente, il “sionismo internazionale”.  Avremmo assistito a una filippica di giornali e televisioni che avrebbero lanciato il messaggio nemmeno tanto subliminale che la destra è una minaccia per la democrazia. Insomma, tutta un’altra storia.

Il mondo alla rovescia

Non è il riferimento al libro di Vannacci ma a una narrazione globale che vede sempre emergere un pensiero unico: qualsiasi cosa accada a chi non è di sinistra, anche la scampata morte o la morte stessa, è un’invenzione, un gioco, un sotterfugio, un imbroglio. Certo, la storia americana è piena di buchi neri: l’omicidio dei fratelli Kennedy e l’ombra della mafia, quello di Martin Luther King e Malcom X, una concezione della trasparenza abbastanza discutibile(e non dissimile dalla nostra, se pensiamo alla triste stagione delle stragi).

Ma invece che unirsi contro ogni forma di violenza politica , anche questa occasione diventa un modo per scrivere una storia del tutto personale. Trasformando un puro fantasma in una inconcepibile verità.

Il nostro amore per il complottismo

L’Italia è un Paese che ama il complottismo, la dietrologia, la fantasia. Certo, la storia tragica e spesso insoluta del terrorismo ha alimentato questa cultura del sospetto, ma l’indole è tendenzialmente questa: dietro ogni cosa c’è un’altra cosa. Vale per le stragi di mafia, per i presunti golpe del 60 e 70. Vale anche per ogni singola notizia di cronaca. Non che siano tutte pseudologie fantastiche: su tanti gialli, ma anche su tanti singoli fatti, non si è mai arrivati alla verità. Ma non c’è cosa migliore, per tanta pubblicistica, che costruire falsi miti e leggende alimentando l’eterna cultura del sospetto.

Questa storia insegni qualcosa anche a noi

Gli americani sono da sempre abituati a campagne elettorali durissime in cui anche un fatto privato e irrilevante diventa motivo di scontro. La demonizzazione dell’avversario, però, contribuisce ad esasperare gli animi. Un grande uomo della sinistra riformista e autonomista, Pietro Nenni, diceva sempre: “Si attaccano le idee mai le persone”. Un insegnamento che qualcuno dovrebbe ripassare. Per non creare nuovi, pericolosi mostri.

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