Ue, la destra cresce e la maggioranza Ursula evapora: la verità sul voto per le Commissioni
La maggioranza Ursula al Parlamento europeo e la narrazione di un’Italia e una destra isolate per le scelte di Meloni sono durate lo spazio di una pausa: quella tra l’elezione della presidente della Commissione Ue e l’elezione dei presidenti e dei vicepresidenti delle Commissioni parlamentari. Il voto si è celebrato ieri, ha visto il Ppe votare con Ecr e respingere il tentativo di Socialisti e Verdi di costruire un cordone sanitario intorno al gruppo dei Conservatori, che invece ha ottenuto un numero senza precedenti di incarichi di vertice. Dunque, quelle geometrie così faticosamente trovate il 18 luglio sono già saltate. Ugualmente sono saltati, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, il racconto dell’Italia isolata a causa delle scelte di Meloni e quello della maggioranza di governo a pezzi. Con buona pace della sinistra, che continua a propagandare la tesi di un centrodestra italiano penalizzato o, come scrive Repubblica, di una “destra a mani vuote”.
Il risultato di Ecr e FdI
Il risultato di Ecr è stato di 3 presidenti e 10 vicepresidenti, dei quali 6 di FdI. Numeri ai quali vanno aggiunte le due vicepresidente del Parlamento ottenute dal gruppo (nella passata legislatura era una), una delle quali andata a FdI con Antonella Sberna. Uno degli argomenti usati dalla sinistra per parlare di disfatta di FdI è il fatto che il partito non abbia ottenuto alcuna presidenza di Commissione. Ma si tratta di un ragionamento piegato a logiche che non appartengono al Parlamento europeo, dove gli equilibri di gruppo si costruiscono insieme alle delegazioni degli altri Paesi. E poiché FdI ha la copresidenza di Ecr in questi equilibri interni la presidenza di una delle tre Commissione assegnate ai Conservatori spettava a un’altra delegazione. “Per 13 volte le sinistre rosse e verdi hanno provato a fare secchi i nostri candidati. A volte per un solo voto, a volte con più margine: hanno perso 13 volte. Grazie a tutti gli amici del centrodestra per averci sostenuto e buon lavoro ai 13 nostri eletti. Vado a tatuarmi il 13”, ha scritto sui suoi social il co-presidente di Ecr Nicola Procaccini.
Il Pd festeggia l’ennesima vittoria di Pirro
Del resto lo stesso è accaduto anche con il Pd in casa Socialista e con FI all’interno del Ppe. La presidenza di Commissione andata ad Antonio Decaro e strombazzata in Italia come grande successo dem in realtà è frutto esattamente di un accordo di quel tipo, se non di un ripiego vero e proprio. Il Pd è la delegazione più consistente all’interno dei Socialisti, ciononostante non ha avuto la presidenza del gruppo. Ha avuto invece la presidenza della Commissione Ambiente. Ottimo, se non fosse che rispetto alla passata legislatura la partita si è chiusa pari e patta: un presidente avevano, un presidente hanno; un vicepresidente del parlamento avevano, un vicepresidente del parlamento hanno. Quanto ai vicepresidenti di Commissione ne hanno quattro, a fronte dei sei di FdI. Come risultato non è un granché, ma da quelle parti ormai le vittorie di Pirro sono le uniche che si possono festeggiare.
Forza Italia ottiene la vicepresidenza del Ppe e aumenta “ruolo e potere”
Si è fatto un gran scrivere poi su Forza Italia, che in questa legislatura non ha più la presidenza di Commissione che aveva nella scora. Anche qui vale lo stesso discorso: gli azzurri hanno scelto e ottenuto la vicepresidenza del gruppo Ppe, il primo a Strasburgo, la vicepresidenza di una commissione e la presidenza di due delegazioni importanti come la Ue-Nato e la Ue-Asia centrale, crescendo ” di ruolo e potere”, come ha rivendicato il partito.
Il voto per le Commissione Ue e non solo: i fatti smontano le fake della sinistra
Gli unici del centrodestra italiano a essere rimasti esclusi sono stati gli esponenti della Lega, poiché invece il cordone sanitario intorno ai Patrioti ha funzionato. Si tratta comunque di una circostanza che non indebolisce l’Italia, che complessivamente ha ottenuto 14 incarichi di vertice, e non mina la maggioranza. Sul secondo punto Tajani e Salvini hanno sgombrato il campo da illazioni e sospetti già un paio di giorni fa. Sul primo ancora una volta sono i fatti a parlare. E non solo quelli emersi dal voto delle Commissioni parlamentari. Nella sua prima uscita da presidente del Consiglio europeo, il portoghese Antonio Costa, è venuto in Italia. Meloni, è bene ricordarlo, non ha votato per lui, esattamente come non ha votato per von der Leyen. Questo non ha impedito a Costa di scegliere Roma come sua prima missioni istituzionale e di ribadire, dopo il colloquio con il premier, la centralità che il nostro Paese riveste nell’Ue. Anche questo però non ha convinto la sinistra italiana dell’opportunità di smetterla con le fake news sull’Italia indebolita dalle scelte del suo premier.