Caponnetto, l’ultimo sfregio a Firenze: distrutta la lapide commemorativa del capo del pool antimafia

19 Ago 2024 17:22 - di Roberto Garritano
Caponnetto

Antonino Caponnetto, l’uomo che guidò il pool antimafia di Palermo con Falcone e Borsellino, continua a dare fastidio anche da morto. E’ stata distrutta a Firenze la lapide commemorativa del grande magistrato, ricordato non solo per la sua probità ma anche per il suo equilibrio.

Vandalismo o gesto intenzionale?

Questa notte a Firenze, nei giardini del Lungarno del Tempio, la lapide dedicata al giudice antimafia Antonino Caponnetto, magistrato scomparso nel 2002, è stata completamente distrutta. Le forze dell’ordine stanno indagando, anche attraverso l’ausilio delle telecamere, per scoprire se è stato uno stupido atto vandalico o se dietro quest’azione si nasconda altro.

Lo sdegno del centrodestra

“Apprendo con sdegno la notizia della deturpazione a Firenze della targa dedicata ad Antonino Caponnetto, ideatore e guida del Pool antimafia di Palermo che portò Cosa Nostra alla sbarra nello storico maxiprocesso. Come membro della Commissione parlamentare antimafia e responsabile del dipartimento giustizia della Lega in Toscana condanno fermamente questo triste episodio che rappresenta un insulto alla nostra memoria nazionale”.

Lo dichiara in una nota Manfredi Potenti, senatore toscano della Lega, commentando l’atto vandalico al giardino Caponnetto di Firenze. “Continueremo a portare avanti e vigilare sui valori della legalità e dell’onestà che uomini come Caponnetto hanno contribuito a far trionfare sulla criminalità e la sopraffazione”, conclude il parlamentare leghista.

Per Alfredo Antoniozzi, vicecapogruppo di FdI alla Camera e membro della commissione antimafia, si tratta di “un’azione vigliacca: mi auguro di tutto cuore che sia solo il frutto della stupidaggine di vandali inconsapevoli di avere oltraggiato un grande magistrato e non di un atto preordinato”.

Caponnetto e le sue lacrime in via D’Amelio

Siciliano di Caltanissetta, nato nel 1920, Caponnetto prese il posto di Rocco Chinnici, quando l’ideatore del pool antimafia fu barbaramente assassinato, nel 1983. Guidò il gruppo di lavoro con Falcone, Borsellino, Ayala, nel maxiprocesso contro Cosa Nostra. Le sue lacrime in via D’Amelio, dopo la strage che costò la vita a Giovanni Falcone, sono ancora l’emblema di una stagione di eroi e di martiri.

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