Djokovic, il pianto e la commozione per la sua Serbia colorano le scialbe Olimpiadi di Parigi

5 Ago 2024 15:38 - di Paolo Di Caro
Djokovic

In tanti potremmo confessare di non averlo mai amato. Potremmo confessare di aver preferito al suo tennis quello di Federer, l’eleganza sincera dello svizzero alla sua ostentata (e a volte forzata) antipatia. Oppure di aver gioito per Jannik Sinner numero uno al mondo, anche perché il numero due era lui, Nole.
Eppure ieri il serbo ha trovato il modo di acciuffare l’oro olimpico, facendo sorridere persino i suoi detrattori, disarmati di fronte al tennis di Nole sullo Chatrier e alla lezione inflitta all’enfant prodige spagnolo, Carlos Alcaraz.

Un alieno in lacrime per la sua Nazione

L’alieno, il recordman di vittorie, il collezionista di montepremi, è scoppiato in lacrime, ha preso la bandiera nazionale e ha raggiunto il suo “clan”, la famiglia, i figli.
Senza smettere di piangere, mentre i suoi passi dal campo alla tribuna sembravano una sequenza di Kusturica, con sottofondo gitano.
Il mistero affascinante delle Olimpiadi è soprattutto questo: un ricco tennista che ha vinto tutto, e di più, felice come un bambino per un oro con la maglietta della sua Serbia e una carriera che si concluderà anche così: da numero uno, con la testa cinta di alloro a cinque cerchi.

In una Olimpiade deludente il rispetto per Nole

In una Olimpiade caratterizzata dall’indefinito, dall’impalpabile, dal provocatorio, dal politicamente corretto, dal tentativo di calare le bandiere giù dai pennoni, ci ha pensato lui a piangere per una bandiera, abbracciato a una famiglia, pronto ad ascoltare un inno nazionale, l’ennesimo. Rispetto per te, Nole.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *