L’analisi. Come dare il buon esempio della verità? Con una storiografia seria e distaccata: dalle cose e dagli uomini

18 Ago 2024 7:30 - di Uderico Nisticò

Il benevolo lettore ricorderà che in più articoli ho invocato la verità, quella vera e non necessariamente piacevole, sia a proposito di 1860, sia del Ventennio 1922-45, sia degli anni ’70… Le verità umana, ovvio, per quanto è possibile. Però, se io fossi un lettore dotato di acribia, pretenderei da me il buon esempio di come si debba e si possa dire il vero. Ed eccolo. Cominciamo da un esempio cattivo: gli storiografi e romanzieri francesi quanto raccontano di Waterloo, inventandosi tutte le possibili scuse, tra cui le imperiali problematiche di fondoschiena, tutto tranne che raccontare che andò malissimo a Napoleone. E con ogni probabilità anche Alessandro Magno avrebbe buscato uno squasso di legnate se fosse venuto in Italia a combattere i Romani; come accadrà a suo zio il Molosso contro i Bruzi, e a Pirro. Eccetera.

Così non c’è dubbio che, vincendo ad Alamein, le truppe italotedesche sarebbero arrivate al volo in India, anche con il pigro aiuto degli Arabi nazionalisti. Non ne dubito, ma non è andata così, e vennero sconfitte le truppe che… dovendo dire la verità a costo di un mal di stomaco, devo chiamare tedescoitaliane. Gli atti di valore? Ma davvero è un poema epico il fonogramma “Carri nemici fatta incursione. Con ciò Ariete accerchiata. Carri Ariete combattono”. Da far venire i brividi, però non posso scordare che l’Iliade, a proposito di epica, si chiude con i funerali di Ettore, quindi con la vittoria dei Greci.

Nel settembre di quell’anno 1942, il nemico britannico in Egitto era diventato nettamente superiore per mezzi terrestri e aerei; mentre si procrastinava all’infinito quell’attacco a Malta che invece andava compiuto la sera stessa del 10 giugno 1940. La Marina, con le sue 750 unità, aveva più navi che nafta. E, a colpi di verità, non ignoro che una Divisione italiana di fanteria enumerava scarsi effettivi, e la moltiplicazione dei comandi pareva fatta per dare ai generali un posto… come i primari degli ospedali in Calabria nei suddetti anni 1970. Generali che non erano tutti dei fulmini di guerra, e spessissimo solo dei burocrati. I tradimenti? Ebbene, non solo ci furono, ma, raro caso al mondo, sono ufficialmente attestati dal famigerato art. 16 del Trattato di pace, che, per sicurezza, vietava anche i processi a loro carico. Ci furono, i traditori, ma non bastano certo a giustificare i difetti e gli errori.

Basta con la guerra, e veniamo alla politica. Che il regime avesse un ampio consenso, è nozione indubbia. È però vero che il consenso fu anche gonfiato, con padri entusiasti che iscrivevano al PNF i neonati; e qualcuno, nemmeno raro, che andava sarcasticamente dicendo di aver preso “la tessera del pane”. C’è poco da stupirsi che simili tesserati, e con essi molti vincitori di Littoriali, abbiano cambiato casacca appena vista la parata mala. E già che, credetemi sulla parola, un temino di cultura marxiana io lo saprei scrivere molto meglio della maggior parte dei sedicenti marxisti del 2024: e senza minimamente crederci. Sono stato chiaro? Molti vincitori di Littoriali avevano “studiato” fascismo a memoria, e facendo gli scongiuri. E invece la tessera doveva essere un privilegio, una conquista. Ecco gli errori politici che si pagano.

Errore fu il mussolinismo. E se il duce, nel 1938, quando era all’apice della gloria italiana e mondiale, fosse morto d’infarto? Primi ministri se ne trovano a bizzeffe, ma duci e miti, no. Errore gravissimo, che il partito sia stato riempito di ogni contenuto sociale assistenziale sportivo ricreativo eccetera, e svuotato di politica. E diversi fascisti dissidenti finirono al confino più a lungo di certi mormoratori “antifa” che poi scrivevano la letterina e venivano perdonati. Del resto, quelli del 25 luglio erano gli stessi fascistissimi del 28 ottobre.

Sto parlando, ripeto, di politica, e tralascio le patetiche accuse di aver tolto il cibo di bocca alle zanzare delle Pontine: letto anni fa su Repubblica, devo avere il ritaglio da qualche parte. E, francamente, non piango molto sulla sorte politica di chi sognava un’Italia comunista o clericale o azionista, e comunque partitocratica.

E siccome alle volte mi sveglio storto, non mi resta che immaginare cosa sarebbe successo se la guerra non ci fosse stata o se l’Asse l’avesse vinta: che succedeva se il Ventennio fosse divenuto, a oggi, Centennio abbondante? Eh, come insegna il Machiavelli, uno Stato “deve tornare spesso verso il proprio principio”, perché se si allontana…

Nemmeno mi attardo a elencare le opere pubbliche e le strade su cui ancora viaggio; e la legislazione tuttora vigente: Patti Lateranensi, Codici Penale e Civile, due Riforme della scuola che nemmeno i peggiori fanatici sono riusciti a guastare… e se qualcuno mi ruba quest’articolo, una legge del 1941… Già, Patti Lateranensi accolti dall’art. 7 della carta del 1948. Tali e tante altre cose sono state dette, o si vedono con gli occhi, e sono stati scritti libri a decine con numeri e con foto. Ma con queste poche righe, il mio ingrato compito è la critica politica.

Spero di aver dato il buon esempio: ora, che qualcuno lo segua. È ora di una storiografia seria e distaccata, sine ira et studio, quorum causas procul habeo (Tacito). Tradotto alla buona, sono passate tre generazioni. È ora di un film storico italiano su quegli anni, come quelli inglesi, ben fatti, e, quel che qui conta, dichiaratamente spudorati nei confronti della storia patria, regine e re inclusi.

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