L’analisi. L’Ue la smetta di perseguire politiche di austerità dopo avere incentivato il debito

27 Ago 2024 10:10 - di Roberto Guida*
l'Unione Europea

L’Unione Europea come la tela di Penelope. Come ogni anno l’appuntamento riminese offre il destro a chi vuol “parlare a nuora perché suocera intenda”.
Prima l’intervento del Governatore della Banca d’Italia che ha riproposto come cruciale il tema della sostenibilità del debito pubblico dell’Italia. Niente di nuovo né di drammatico anche se le stime di crescita dell’Ocse relative al secondo trimestre di quest’anno ci danno in frenata con un incremento su base trimestrale di solo lo 0,2% rispetto allo 0,5% della media dei paesi appartenenti all’organizzazione e a quelli del G7.

Giuste le parole di Giorgetti

Il Ministro Giorgetti è poi intervenuto sul Pnrr paragonando tempi e modalità di attuazione dello strumento ai piani quinquennali di matrice sovietica.
Ma cosa lega debito pubblico e Pnrr? Perché mandare un messaggio così “tranchant” ai vertici di Bruxelles?
Andiamo per ordine.
Il Recovery and resilience facility (Rrf), strumento finanziario di attuazione della UE che finanzia il Pnrr, erogherà risorse complessive pari a 672,5 miliardi di euro da dividere tra gli stati membri. Una parte dei fondi (360 miliardi) sono impiegati nella forma dei prestiti, i rimanenti 313 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto, ovvero contributi per i quali non verrà chiesto un rimborso. In realtà il costo delle sovvenzioni sarà sostenuto con le classiche fonti di entrata per l’UE (dazi doganali, contributi dei paesi membri sull’Iva, contributi sul reddito nazionale lordo). Quindi, nessun regalo: l’Italia pagherà la sua quota pari a poco meno del 14%.Veniamo alle risorse destinate al nostro paese.

Il ritorno dei falchi dell’Unione Europea

La quota del Rrf destinata all’Italia è di 192 miliardi di euro, di cui il 64% (123 miliardi) come prestiti e la rimanente quota (69 miliardi) a fondo perduto, a cui vanno aggiunti altri 31 miliardi di fondo complementare finanziati con ricorso al debito.
Complessivamente parliamo di una maggiore quota di impegni vicina ai 200 miliardi di euro.
Non sorprende dunque che il prevedibile ritardo nel rispetto dei tempi di spesa e il ritorno dei “falchi” dell’austerità nel dibattito sul Patto di Stabilità, pur nella sua versione aggiornata, abbiano fatto emergere una paradossale contraddizione.

Prima fanno fare debito poi chiedono il rientro: le contraddizioni di Bruxelles

L’Unione Europea da una parte fornisce agli Stati membri uno strumento per generare crescita duratura agendo sul moltiplicatore keynesiano degli investimenti (come quelli in infrastrutture, sanità e scuola), mentre dall’altra, con il repentino ritorno al Patto di Stabilità, pone vincoli all’indebitamento che essa stessa ha favorito.
Per l’Italia il rischio sarebbe, quindi, quello di dover contrarre la spesa pubblica dei prossimi anni per rispettare le regole di Bruxelles, vanificando così gli effetti del Pnrr sulla crescita.
È come se Penelope disfacesse la tela in segreto, dopo averla orgogliosamente tessuta alla luce del giorno.

*Docente ordinario di economia politica

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