“Repubblica” in caduta libera ma nessuno lo dice. Il gruppo Gedi perde il 30%: le bugie fanno male

2 Ago 2024 16:39 - di Gloria Sabatini

Repubblica non naviga in buone acque insieme al gruppo editoriale Gedi, ma nessuno lo dice. Guai a mettere in dubbio l’autorevolezza e la buona salute del re dei quotidiani mainstream, cintura nera di fake news contro il pericoloso governo sovranista guidato dalla nipotina del duce, Giorgia Meloni, e capofila della grande stampa ‘indipendente’. Eppure sfogliando il report dell’Agcom pubblicato il 26 luglio si scopre che il gruppo Gedi è in crisi e non da oggi. Nei primi tre mesi dell’anno, proprio all’acme della crociata quotidiana contro Palazzo Chigi, perde il 30,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023. E le cose non vanno meglio sul web. Eppure tutti i riflettori sono puntati sugli ascolti dei telegiornali, in pochi hanno la pazienza di scorrere il report fino in fondo.

Repubblica in crisi profondo, crollano le vendite

Si dirà che tutto il settore è in crisi da tempo, vero, che il digitale, l’intelligenza artificiale, il metaverso bla bla. Ma forse la verità è più semplice e perfino banale: i lettori, per quanto fidelizzati,  non sono fessi e l’eccessiva baldanza militante del giornale fondato da Scalfari non paga. Troppi attacchi ad alzo zero contro l’esecutivo, troppi titoli strillati in salsa antifascista, troppe inquisizioni, troppe patacche. Viene il sospetto che non sia tutto vero. Sulle fake news il foglio diretto da Molinari non è secondo a nessuno come pure nella sistematica censura, loro paladini della democrazia e della liberà di stampa contro i bavagli, delle repliche governative.

Francesco Merlo e la “reginetta di coattonia”…

Tra le chicche imperdibili, anche se non recente,  viene alla mante l’articolo di Francesco Merlo contro Meloni, “reginetta di Coattonia”. Una collezione di insulti conditi da livore intellettuale e snobismo classista. E giù cattiverie e volgarità sull’aspetto fisico, l’accento romanesco e la vita privata di Giorgia Meloni. Un tiro al bersaglio di pessimo gusto. Che appare e scompare come in un fiume carsico fino ai nostri giorni. Lo sport ‘repubblicano’ preferito è sempre lo stesso, ben rappresentato da Paolo Berizzi, una stella polare per la redazione. Il tic preferito è addebitare tutte le peggiori nefandezze al primo governo di destra-centro del dopoguerra. Dalle vele di Scampia al terremoto, dalle guerre planetarie al surriscaldamento climatico scava scava la colpa è del governo. Oppure santificare con panegirici imbarazzanti eroi ed eroine dall’acre passato militante (di sinistra), vedi Ilaria Salis. Peggio di Repubblica, forse, solo Fanpage.

Farebbero meglio a occuparsi dei guai domestici

Non stanno messi bene e forse invece che ficcare il naso in casa d’altri e dare lezioni di civiltà e democrazia al mondo a Repubblica farebbero bene a concentrarsi sui guai domestici. Il crollo delle vendite per un quotidiano non è proprio un dettaglio. A spulciare la notiziaccia è stato Maurizio Gasparri che ha la pazienza di sfogliare il rapporto Agcom fino a pagina 22 per scoprire la sezione, sottaciuta, che riguarda l’editoria italiana. Il senatore di Forza Italia, membro della Vigilanza Rai, non va per il sottile e ricorda qualche erroraccio nell’homepage di Repubblica. “Come quando scrisse che il Tg1 non aveva mai mandato in onda una dichiarazione della Schlein per un mese, salvo poi scoprire – sempre dai dati Agcom – che la segretaria del Pd era la politica con maggiore visibilità all’interno delTg1”.  È la solita sinistra – chiosa Gasparri – “preoccupati di denunciare una inesistente Rai egemonizzata dal centrodestra chiudono gli occhi sui problemi dell’editoria quotidiana, che da anni perde copie e lettori. Preoccupati di occupare la Rai quando governavano, hanno messo in difficoltà l’editoria nel nostro Paese. Che merita attenzione. Nonostante gli ipocriti che danno lezioni agli altri, mentre navigano in acque sempre più basse”.

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